Set 162023
 

La logica del perdono. La misericordia e il rifiuto della collera sono al cuore dell’insegnamento sapienziale, che trova continuità nella prima comunità cristiana a partire da un nuovo fondamento: l’amore di Gesù Cristo. È nelle sue parabole sul perdono che possiamo riconoscere il volto misericordioso di Dio e l’invito a viverne nelle relazioni con gli altri.

Commento di DON MARIO ALBERTINI

 Dio può fare tutto, perché è l’Onnipotente, eppure si  aspetta che noi gli diamo una mano per aiutarlo (cfr  Diario Hillesum). Dobbiamo entrare in quest’ordine di idee: Dio ha  bisogno di essere aiutato da noi. Tocca a ciascuno capire  in quali campi. trovate un momentino per chiedervi: in  che cosa posso aiutare Dio? sono certo che farete delle  scoperte interessanti. Ebbene, il vangelo di oggi, e anche la prima lettura,  indicano un campo nel quale Dio si aspetta un aiuto.  Infatti la parabola dice che Dio è ben disposto a  perdonare a noi, ma che può farlo soltanto se noi perdoniamo. Il perdono del Signore è nelle nostre mani.  Il perdono dato da noi è l’aiuto di cui Dio ha bisogno per  dare il suo perdono a noi. Questo lo insegna Gesù. 

 Ma qui si presentano, tra altri, due interrogativi.  Il primo: sono proprio convinto di aver bisogno del  perdono del Signore? Glielo chiedo spesso, come ad es.  all’inizio di ogni Messa, ma forse lo chiedo in modo  generico, senza mettermi con sincerità di fronte alla mia  coscienza, senza dire a me stesso: è di quella particolare  azione, di quel mio pensiero, della mia superbia, del mio  egoismo… è di queste cose concrete, che ritrovo in me,  che ho bisogno di essere perdonato dal Signore.  Con la massima fiducia, perché la grande realtà della  nostra vita di cristiani è proprio il perdono di Dio. Noi  crediamo che Dio ci ama nonostante le nostre  trasgressioni, le nostre cattiverie, i nostri peccati – purché  di questo chiediamo perdono. Ecco il primo interrogativo: siamo davvero convinti di aver bisogno del perdono del  Signore, o ci riteniamo comunque bravi e buoni? 

 Però c’è sempre quell’aiuto da dare a Dio, che consiste  nel mio perdonare agli altri.. Ed ecco allora il secondo  interrogativo: ma che cosa ho da perdonare agli altri?  Forse non abbiamo subito grosse ingiustizie o grosse  offese, e quindi ci sembra che non c’è niente da  perdonare. Ma anche in questo caso occorre essere sinceri  e concreti. Succede che qualcuno faccia qualcosa che mi  urta, che mi infastidisce, che mi irrita… Anche qui si  esercita il perdono. Che di solito non è necessario  esprimere a parole – è sufficiente un comportamento che  sa passar sopra, senza far pesare, purché accompagnato  da un perdono interiore. 

 E c’è la faccenda del “quante volte”. Pietro riteneva il  massimo della generosità sette volte, e infatti se penso a  me, mi ritengo bravo se perdono una, due volte, ma la  terza!… Addirittura sette volte! Pietro si sente rispondere: moltiplica per settanta! Vale  a dire: per il perdono, non devi tenere la contabilitàIl perdono è un’attuazione del voler bene – e nel voler  bene, nel volere il bene, nel fare il bene (e questo è  essenziale per il cristiano), non si fanno calcoli. L’amore  per essere vero – lo sappiamo – ha da essere gratuito. Ebbene, è così, è anche così, con il nostro perdono, che  noi diamo un aiuto a Dio, perché realizzi in noi quel bene  che lui vuole per noi.

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