Esultate, lodate il Signore. La presenza del Signore in mezzo al suo popolo è motivo di gioia e di esultanza. Per questo è necessario saper riconoscere la sua presenza, in ciò che è umile, piccolo e agli occhi dell’uomo privo di importanza. Guardare così la realtà e poterne gioire, è frutto, ci ricorda Paolo, dello Spirito di Cristo che abita in noi.
Commento di DON MARIO ALBERTINI
Gesù esorta a prendere il giogo, cioè ad assumere l’impegno e la fatica di seguire il suo insegnamento, a fare nostro il suo criterio di vita e di giudizio, a fare la volontà di Dio. Ma ne parla come di un giogo dolce e di carico leggero. Non è una contraddizione. Mi viene in mente quella ragazzina che portava in braccio un bambino; a chi le disse: “E’ un bel peso che stai portando!”, rispose: ”Questo non è un peso, questo è mio fratellino”. L’affetto sa trasformare… Questo vale anche per quel peso che è la croce di ogni giorno: se si accetta con amore, il peso non è più un peso. Infatti Gesù precisa: “Venite a me, voi tutti che siete affaticati e oppressi, e io vi ristorerò…”, io vi darò forza e riposo.
L’invito di Gesù, a duemila anni di distanza, raggiunge anche noi: è l’invito ad avvicinarsi alla sua persona, a presentargli le nostre stanchezze e le nostre aspirazioni, a prendere come modello la sua forte bontà. E all’invito, Gesù aggiunge la promessa: io vi darò sollievo e serenità. Gesù prima di queste parole fa un’affermazione che è come una finestra aperta sul mistero di Dio: parla della vicendevole conoscenza tra Padre e Figlio, e della totalità del dono: “Tutto mi è stato dato dal Padre mio”. E aggiunge che in noi la conoscenza di Dio può essere soltanto un dono dall’alto, un atto di fede che accoglie la rivelazione di Gesù. Ma a chi sarà fatta questa rivelazione? Dice Gesù: “hai tenuto nascoste queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai rivelate ai piccoli”. I sapienti e intelligenti sono quelli che vorrebbero raggiungere il mistero di Cristo con mezzi di indagine puramente umani; i semplici sono quelli che hanno fede nella parola di Gesù.
E noi, rientriamo nella categoria dei sapienti o in quella dei semplici? siamo cioè di quelli che si compiacciono di se stessi e della propria bravura, o di quelli che sanno dare compiacenza al Padre in un filiale abbandono a Lui? Rileggiamo anche la prima parte del brano: “Gesù disse: Ti benedico, o Padre…”. Più volte gli evangelisti riferiscono che Gesù si raccoglieva in orazione, ma questa è una delle pochissime preghiere di cui ci sia stato trasmesso il testo diretto. E avere il testo di come pregava Gesù ci permette di cogliere il suo atteggiamento di fronte al Padre; in questo caso, la sua riconoscenza e la sua gioia per quanto il Padre compie. La preghiera di Gesù diventa allora esemplare per le nostre preghiere, troppe volte limitate a chiedere e poche volte tese a ringraziare e lodare Dio.
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