DIALOGO SUL DOLORE
LA FIGLIA MORTA
La morte di una figlia di appena 5 anni e il “ponte” che ci serve quando papa Francesco veniva dimesso dal Policlinico Gemelli di Roma, son venuti a trovarlo due genitori che avevano appena perso la loro bambina di 5 anni. La bambina si chiamava Angelica. Immagini dell’incontro sono apparse su tutti i giornali e telegiornali. È esattamente come ci immaginavamo che fosse: la madre crolla con la testa sul petto del pontefice, lo stringe con le braccia, ha gli occhi chiusi e la bocca sforzata in una smorfia triste, si capisce che la situazione la schiaccia, non sa cosa farci. Il padre è alle sue spalle, sta piangendo, il pianto più triste, quello senza lacrime.
È il dolore per un’assenza, è assente la figlia, chissà dov’è. Bisognerebbe fare un ponte per andare fino a lei. Pontefice vuol dire colui che fa i ponti. Uno scrittore cattolico che non c’è più – e non so quanti lo ricordano, ma io non lo dimentico – si chiamava Luigi Santucci, parlando della morte scrisse una riga memorabile, che mi s’è piantata nel cervello e non se ne va più: «La morte, questa stupida cosa che non c’è». Eccola, Santucci, è qui, è il quarto personaggio che sta con i due genitori in lacrime e il Papa che consola. È la causa di quella sconsolazione. Di ogni sconsolazione. È stato detto «di qualunque cosa parli, l’uomo parla sempre della propria morte». A questo pensiero qualcuno, non ho il coraggio di dire “io”, ha aggiunto: «Qualunque cosa faccia, l’uomo la fa sempre per superare la propria morte». Una casa, un ponte, una città, una guerra. Un libro. Anche un articolo. Come questo: scrivo, dunque sono. Tutto quello che facciamo è un ponte per fuggire dalla città in fiamme.
La bambina morta in questa fotografia aveva 5 anni: troppo pochi, è un’età pre-vita. Nelle parabole la vita dei «figli che non devono morire» è sui 12 anni. La bambina che Gesù resuscita pronunciando le uniche parole che sentiamo nel suo dialetto, « thalità qum », aveva 12 anni, e per dire che resuscitando si alza subito e cammina il testo dice « erat enim annorum duodecim »: cosa fa un resuscitato di 80 anni?, si muove anchilosato e sbilenco, ma cosa fa una bambina di 12 anni sentendo « thalità qum »? « Surrexit et ambulabat, erat enim annorum duodecim ».
A 12 anni si àmbula, vivi o morti. Dodici anni è l’età della massima vitalità, cinque anni è l’età che introduce alla vita, questa bambina morta a cinque anni non perde la vita piena, ma perde l’introduzione alla pienezza della vita. Da qualche parte, a suo tempo, ho detto che della morte di un figlio non si può parlare, abbiamo evitato di darle un nome proprio per questo, per non nominarla. Vedo che qualche giornale chiama questi due genitori “orfani della figlia”.
Ma così capovolge il rapporto: orfano è il figlio che perde il padre, non il padre che perde il figlio. Il genitore che perde un figlio non perde una parola, perde la lingua. E allora non parla più. Il suo modo di parlare è abbracciare. La madre che abbraccia il pontefice con quell’abbraccio gli sta facendo un lungo discorso, non lo finisce più. Il pontefice le carezza la testa. È la sua risposta. L’abbraccio è un dialogo. Dice tutto, non c’è altro da aggiungere.
Di F. Camon, da Avvenire di martedì 4 aprile 2023
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