IMPARARE
A PERDONARE
“L’ascesi quaresimale è un impegno per superare le nostre mancanze di fede e le resistenze a seguire Gesù sul cammino della croce”. Così si legge nel Messaggio di papa Francesco per la Quaresima, nella quale l’esercizio del perdono costituisce un’esperienza ascetica indispensabile in vista della Pasqua.
Perdono da ricevere da Dio attraverso il sacramento della riconciliazione e perdono da offrire a coloro da cui si è ricevuta un’offesa. Anche nella tradizione ortodossa il perdono è la parola chiave della Quaresima, e ad esso è dedicata la prima domenica di questo periodo liturgico. Che il perdono non è un concetto astratto, ma una predisposizione dell’anima a tradursi in buone azioni lo dice lo stesso termine che, coniato dal latino medievale, nasce dalla combinazione di due parole: per, che indica un’attuazione, e donare che sta per favorire. Negli anni recenti questo argomento è stato fatto oggetto di studio, oltre che dai moralisti, anche dagli psicologici e dai filosofi, nella convinzione che non si perdona solo in ossequio ad un principio estetico, ma in forza di un atto libero, che attinge alle ragioni profonde dell’amore. Perdonare non è facile, coinvolge la persona nell’insieme delle sue dinamiche e soprattutto richiede il coraggio di accettare l’altro così com’è. Lo scrittore statunitense Erich Segal pensò di avere scoperto una legge del cuore umano quando pose sulle labbra di una coppia di sposi la frase: “Amare significa non dover mai dire mi dispiace”. In realtà egli considerava solo l’amore di chi non conosce caduta, di chi dimentica di essere fragile come l’argilla. Ma questo più che amore è superbia! Parlando di perdono non si può prescindere dalla logica cristiana del cadere e dal rialzarsi, che in san Pietro trova un autentico prototipo. “Signore tutti possono tradirti, ma io no!” Poco dopo, nell’ora più critica di Gesù, quella della passione, Pietro è il primo a rinnegarlo: “Non conosco quest’uomo!”.
Sappiamo come finì: Gesù non solo lo perdonò ma gli affidò il compito di confermare gli altri nella fede. “Se vogliamo veramente amare, dobbiamo imparare a perdonare” diceva Madre Teresa di Calcutta. Non meraviglia se il perdono, così inteso da una santa, appaia lontano dalle umane possibilità e ritenuto poco praticabile a causa della durezza della cronaca, che ogni giorno fa toccare con mano quanto urgente sia rimettere il perdono negli stili di vita e particolarmente nella mentalità sociale. Il recente viaggio di papa Francesco in Congo e in Sud Sudan ha fornito la prova di quanto coraggio ci vuole per attuare il perdono in Paesi dilaniati da conflitti e violenze di ogni genere. Nei discorsi fatti a Kinshasa e a Giuba, Francesco ha indicato con fermezza la via del perdono per la soluzione dei problemi. “La guerra e la violenza – aveva già detto a Natale al Corpo diplomatico – sono sempre un fallimento, la misericordia e il perdono sono la medicina che abbiamo per costruire la pace”.
L’importanza della riconciliazione con Dio e con il prossimo emerge continuamente nei testi biblici della liturgia quaresimale. San Paolo nelle Lettere indirizzate alle comunità da lui fondate, chiede di superare: inganni, spergiuri, prepotenze, malignità, illegalità, vanagloria, discriminazioni, superbia, sfruttamento, avidità, perché corrosivi della convivenza familiare, sociale e politica. L’esempio poi di Gesù, che trasforma in amore le umane debolezze, stimola i suoi seguaci a perdonare, essendo essi stessi peccatori perdonati. “Mentre Cristo, innocente, senza macchia, non conobbe il peccato, e venne ad espirare i peccati del mondo, la Chiesa che comprende nel suo seno i peccatori, santa insieme e sempre bisognosa di purificazione, mai tralascia la penitenze e il suo rinnovamento”. Scrive così il Concilio Vaticano II nella costituzione dogmatica Lumen Gentium, uno dei suoi testi più profetici, ma anche meno facili ad essere tradotti nella realtà. Porgere l’altra guancia non è da tutti, ma chi lo fa avverte una gioia che solo Dio può dare. “Donare è umano – dice il proverbio – ma perdonare è divino!”.
di V. Magno, da Avvenire
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