Natale: il farsi carne della salvezza. Una liturgia della Parola che in ogni suo momento ci restituisce l’evento storico, l’annuncio gioioso e il profondo senso teologico della nascita di Gesù. Il Verbo si è fatto carne, la salvezza è entrata nel mondo: come Maria e i pastori, siamo chiamati a contemplare e ad annunciare la gioia di questo giorno.
Commento di don Mario Albertini
Nell’aria risuona ancora il canto degli angeli: gloria a Dio e pace agli uomini – e si percepisce il sussurrare dei pastori: andiamo a vedere – E anche noi sentiamo il tacito invito: entra in quella grotta e … e cosa? No, non entrare, fèrmati, fèrmati sulla soglia e chiediti: cosa entro a fare? chi vado a vedere: un bel bambino come tanti altri e niente più? Rifletti allora sulla pagina del vangelo (Gv 1) – e prova a ripetere nella tua mente queste parole: “il Verbo si è fatto carne”.
Non pretendere di cogliere tutta la profondità di questo che è un mistero, tuttavia puoi coglierne l’essenziale: il Verbo, che è il Figlio di Dio nel mistero della Trinità divina, al quale possiamo – dobbiamo – attribuire tutte le qualità di potenza e di sapienza, – ha assunto la natura umana con le sue debolezze e i suoi limiti.
E’ uno come noi: il Verbo si è fatto uomo, l’infinito si è annientato, il Figlio di Dio ha rinunciato a tutte le sue qualità divine. Tutte – tranne una: l’infinito amore. L’amore per l’umanità è stato il movente dell’incarnazione, l’amore sempre infinito continua ad essere la caratteristica di Gesù. Sì, nel farsi uomo Dio ha detto e dice a ciascuno di noi la parola più bella e più incredibile: ti voglio bene, voglio il tuo bene, ti amo.
Soltanto se lo crediamo, se abbiamo questa fede nell’amore di Dio, ci è permesso di entrare in quella grotta, e come Maria e Giuseppe, come i pastori, adorare quel bambino, ma prima ancora dirgli grazie, e dirgli per l’appunto: credo in te, Signore, credo nel tuo amore
Ma, Signore Gesù. cosa vuol dire il tuo Natale, la tua nascita, per il mondo, per l’umanità, per la storia di oggi? Sì, il tuo amore raggiunge, misteriosamente, tutta l’umanità, e misteriosamente opera offrendo la salvezza a tutti. Ma se è vero che a conoscerti siamo in tanti, di più sono quelli che non ti conoscono. E tra quelli che ti conoscono, quanti credono davvero in te? quanti ti ascoltano e mettono in pratica il tuo insegnamento, il tuo comandamento dell’amore fraterno?
Quando leggiamo la cronaca quotidiana, piena di guerre e di delitti efferati ed assurdi che avvengono si può dire davanti la porta di casa nostra, quando leggiamo di tanti giovani e non giovani che rovinano la loro vita con la droga, – viene da dire che la tua venuta tra noi non ha significato niente, è stata un mezzo fallimento.
Ma forse tu vuoi che questa sera io guardi soprattutto a me stesso, e che mi chieda: cosa vuol dire per me il tuo Natale?
Io sono tra quelli che, oltre ad essere amati da te, riconoscono e credono al tuo amore (cfr. 1Gv 4,16). Questa conoscenza e questa fede sono fonte di serenità: sapersi benvoluti da Dio è proprio bello! Ma c’è la responsabilità di testimoniarlo diffondendo attorno a noi serenità e bontà. Volersi bene, fare del bene: questo ci domanda il grande vero dono del tuo Natale, il dono della pace. Facciamo ancora in tempo questa sera ad augurarci “buon Natale”, ad augurarci cioè a vicenda: che il Natale ci renda tutti davvero più buoni, e non solo oggi. Più buoni perché ci sappiamo amati da quel Bambino, – che è Dio!
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