Guardare, vedere, riconoscere. La liturgia della Parola pone al centro il tema del vedere, la capacità di riconoscere negli eventi della storia i segni dell’alleanza di Dio con il suo popolo: dal dono della terra e della discendenza ad Abramo, fino al dono del Figlio, compimento delle promesse antiche, a tutta l’umanità.
Commento di don Mario Albertini
L’apostolo Pietro è in cima a un monte, e vorrebbe rimanervi sempre. Non per il panorama, anche se è vero che i panorami che si vedono dall’alto delle montagne sono meravigliosi. Ma non è per il panorama. E’ che si trova inserito in una scena che lo fa esclamare: è proprio bello stare qui!. Sta vedendo il suo amico Gesù (perché oltre che Maestro Gesù gli è amico, e anche noi dobbiamo sentirlo nostro amico) lo sta vedendo immerso in una luce sfolgorante, con un volto trasfigurato, glorioso. E appunto esclama, quasi invoca: restiamo qui! restiamo sempre qui! E’ veramente bello!
Ma che cosa è bello? In quel momento a Pietro e agli altri due apostoli è offerta una visione, o un’intuizione, della bellezza di Dio. Perché non è soltanto alla presenza di Gesù che si trovano, ma hanno una misteriosa rivelazione della Trinità divina: “venne una nube che li avvolse (è figura dello Spirito santo) e dalla nube uscì una voce (è quella del Padre): Questi è il Figlio mio, ascoltatelo!”.
E’ dunque la Trinità che si sta comunicando ai discepoli. La bellezza a cui fa riferimento l’esclamazione di Pietro è dunque quella della Trinità divina. (C.Martini) In altre parole, quello che è stato offerto alla contemplazione di Pietro sul monte è uno squarcio di Paradiso. E allora è logico che lui dica: fermiamo il tempo, stiamo sempre qui, non finisca mai questo istante di felicità! In paradiso hanno buttato via gli orologi! Lì sul monte Pietro per breve tempo vede Gesù trasfigurato e glorioso, e qualche mese dopo avrà la grazia di vederlo risuscitato da morte. Quindi la trasfigurazione è, per i tre apostoli, l’anticipazione dell’incontro con Cristo risorto, e anche un preludio del paradiso.
Tra poco, nella professione di fede, diremo: “Aspetto la vita del mondo che verrà”. Ma cos’è questo mondo che verrà?
Noi, pur non avendolo visto, crediamo in Gesù Risorto, e questa nostra fede ci assicura che anche noi siamo chiamati a quella gloria, a quella contemplazione della bellezza di Dio. Fede che accoglie le parole del Padre che è nei cieli. Ricordate che Satana aveva sfidato Gesù: Se sei figlio di Dio…”. Ebbene, qui c’è la risposta più autorevole: “Questi è il Figlio mio, l’eletto”. Ma per giungere a contemplare la bellezza, la bontà e la gioia di Dio ci sono delle condizioni. La prima è quella di ascoltare per davvero Gesù: Ascoltatelo, dice il Padre. Ascoltare cioè mettere in pratica i suoi insegnamenti, il vangelo. La seconda è ricordarci che Gesù è giunto alla risurrezione passando attraverso la morte in croce; per noi questo significa saper accettare le nostre croci, piccole o grosse che siano.
La quaresima è proprio l’invito a vivere queste due condizioni: ascoltare obbedienti la parola di Dio, e accettare la croce, ma sapendo che alla fine c’è la risurrezione (v. seconda lettura). Come c’è stata per Cristo così sarà per noi.
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