Il compimento della vera beatitudine. Credere significa riconoscere in Dio e nella sua parola il vero fondamento per la propria felicità, per il compimento della propria esistenza umana e credente. È questo il messaggio di Geremia e il cuore delle beatitudini.
Commento di don Mario Albertini
guai a voi… guai a voi… Quattro volte lo dice, come quattro volte dice beati voi. Mentre ascoltavamo, ci siamo chiesti: rientro anch’io in quel “voi”? Sì, ci rientriamo, perché è anche a ciascuno di noi che Gesù rivolge queste parole. E’ a me che dice:
– se hai il cuore attaccato alle cose materiali, all’interesse, ai soldi, sei a rischio di perdizione – ma al contrario sta’ sereno se te ne servi con cuore distaccato, e cerchi di realizzare valori più importanti, come la giustizia e la condivisione e l’amore
– è ancora a me che Gesù dice: se ti ritieni autosufficiente, sazio di te stesso e delle tue presunzioni: ti troveresti davanti al Signore senza niente in mano – ma al contrario abbi fame di bontà, fame di conoscere meglio il Signore, impegnati a migliorarti nelle cose che devi fare
– e ancora: se il divertimento, la soddisfazione delle tue passioni è lo scopo che persegui, non raggiungerai la gioia vera ed eterna – al contrario: accetta la sofferenza, chiedi al Signore che ti aiuti a vivere sereno anche quando il dolore fisico o morale si fa sentire con tutta la sua durezza
– e infine dice a me: non sei mio discepolo se non sopporti le difficoltà che derivano dal vivere la fede anche quando altri ti prende in giro perché sei credente e vai in chiesa e ti comporti bene – ricordati al contrario che soffrire a motivo della fede è un onore.
Sì, le parole di Gesù ci riguardano, sia quando dice beati sia quando pronuncia il guai.
Vanno però fatte due osservazioni.
Una riguarda il fatto che Gesù dice per prima cosa i “beati”, e solo in seconda battuta i “guai”. Ci presenta per prima la via della felicità vera; e poi dice: questa è l’offerta che ti viene fatta, ma se non percorri questa via, non raggiungerai la felicità. E allora quel “guai” più che una minaccia va inteso come una parola di compassione; come se dicesse: poveracci voi. se… Quindi poveraccio io se non cerco di attuare quelle condizioni.
L’altra osservazione è questa: a pensarci bene, quelle che indichiamo con il termine “beatitudini” tracciano il ritratto, l’autoritratto, di Gesù: è lui che le ha vissute. Ripensiamo a tutta la sua vita, dalla nascita nella grotta di Betlemme alla morte in croce: lui è stato davvero povero, lui ha avuto fame della volontà del Padre (un giorno ha detto: mio cibo è fare la volontà del Padre), lui ha sofferto nella persecuzione che lo ha portato a quella morte. La risurrezione è stata per l’umanità di Cristo la realizzazione del “beati”. Ha percorso la via indicata nelle beatitudini, ha raggiunto la mèta là promessa.
E noi? Dovremmo fare almeno il tentativo di obbedire alla parola di Gesù, e soprattutto di seguire il suo esempio. Se è così, allora il giorno che ci presenteremo a lui, penso che press’a poco ci dirà: hai cercato di riferirti a quel mio ritratto, ma sei riuscito a farne soltanto una brutta copia; ma pazienza, vieni lo stesso tra i beati, perché almeno ci hai provato.. E noi, davvero beati, lo ringrazieremo in eterno.
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