La sequela della Parola. Di fronte alla chiamata di Dio l’essere umano riconosce il proprio essere peccatore, come Isaia e come Pietro. È lo stesso Signore, tuttavia, che ci dona la forza e la salvezza per essere profeti e pescatori di uomini, se rimaniamo radicati nel suo dono d’amore.
Commento di don Mario Albertini
Avete mai fatto un’esperienza di Dio? Prima di dire: che razza di domanda è questa?!, riflettiamo insieme sulla Parola ora ascoltata. Ci sono due miracoli: il più visibile è la pesca straordinaria. Gesù invita a riprovare con le reti, e Pietro gli dice: lo faremo sulla tua parola, lo faremo perché ce lo dici tu. E non ha sbagliato ad avere questa fiducia.
L’altro miracolo è il fatto che Pietro e i suoi colleghi lasciano tutto per andare con Gesù, per la stessa fiducia in lui quando gli dice: ti farò pescatore di uomini. Pietro e gli amici piantano lì barca, reti e pesca, e lo seguono – e a pensarci bene questo radicale cambiamento di vita è un fatto altrettanto straordinario che la pesca miracolosa.
In tutti e due i casi, fondamentale è la fiducia in Gesù e nella sua parola. E’ quella fiducia che dobbiamo avere anche noi quando Gesù ci dice che Dio ci vuole bene perché è Padre nostro.
Questo il vangelo: La prima lettura presenta la visione di Isaia: gli angeli del cielo proclamano quello che anche noi proclamiamo al momento centrale della Messa: “Santo santo santo è il Signore – il cielo e la terra sono pieni della sua gloria”. Nel linguaggio biblico il vocabolo ‘santo’ indica la trascendenza di Dio, cioè il Dio che è infinitamente al di sopra di ogni creatura. Al suo cospetto si è trovato il profeta, e ci troviamo pure noi: per questo ci uniamo al coro degli angeli.
Alla luce di queste due pagine, ripeto la domanda: avete mai fatto un’esperienza di Dio? Pietro l’ha fatta nel constatare il miracolo, Isaia con quella visione. E noi? E’ spontaneo dire di no. E invece sì: non perché abbiamo visto, toccato o sentito direttamente Dio, ma quella volta che, spinto da qualche frase del vangelo, hai provato un sincero desiderio di essere più buono, di cambiare nella tua vita qualche cosa che non andava; quella volta che hai provato il desiderio di pregare per davvero, e di avere una fede più viva; soprattutto quella volta che in famiglia hai capito quanto è bello e importante anche agli occhi di Dio l’amore per i tuoi:
ebbene, quelle erano esperienze, piccole ma vere, dell’azione dello Spirito santo in te, segni della vicinanza di Dio, esperienza del suo amore. Esperienza di Dio.
E allora, quale atteggiamento dobbiamo avere? Il profeta nel momento stesso in cui contempla la misteriosa gloria divina –riconosce: sono indegno di parlare con Dio. E Pietro si getta ai piedi di Gesù e dice: sono peccatore.
Ecco l’atteggiamento giusto: riconoscere che siamo poca cosa in quanto creature, e ancora meno perché peccatori. E quando all’inizio della Messa chiediamo al Signore pietà! – non è per modo di dire: è che abbiamo proprio bisogno della misericordia divina..
E allora, per la preghiera, e per la fiducia nella parola di Gesù, possono avvenire anche in noi fatti straordinari. E quale fatto più straordinario che quello di diventare più buoni in risposta all’amore di Dio? E’ nel diventare più buoni, contando sull’aiuto del Signore, che anche noi facciamo esperienza di Dio.
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