Domenica abbiamo vissuto un altro capitolo indimenticabile: la vittoria di Sonny Colbrelli alla Parigi-Roubaix, una delle grandi classiche del ciclismo, che mancava dal 1999
Di M.Berruto, da Avvenire del 6 ottobre 2021
Chissà se e quando metteremo la parola fine a questa infinita stagione di successi sportivi delle nostre atlete e dei nostri atleti azzurri. Domenica abbiamo vissuto un altro capitolo indimenticabile: la vittoria di Sonny Colbrelli alla Parigi-Roubaix, una delle grandi classiche del ciclismo, che mancava dal 1999 e nobilita ulteriormente quel mix di tenacia, forza di volontà, sacrificio che, ormai è evidente, sono stati gli ingredienti fondamentali della ricetta italiana di così tanti successi. C’è una fotografia che ha fermato quel momento con una potenza inaudita, una specie di sineddoche capace di rappresentare la parte per il tutto. Tagliato il traguardo Sonny Colbrelli è stato immortalato così sporco da sembrare una statua di fango, con la bicicletta in mano, esposta, con un urlo smorzato dalle lacrime, verso il cielo.
Dentro a quell’immagine abbiamo rivisto la finale di Berrettini a Wimbledon, il rigore parato da Donnarumma a Wembley, le centonove medaglie olimpiche e paralimpiche, le vittorie ai campionati europei femminili e maschili di pallavolo e tanto, tantissimo altro. Quell’immagine così poco studiata e forse proprio per questo così intensa, ci racconta la bellezza di quella fatica che permette di raggiungere un obiettivo non quando è facile, come sarebbero in grado di fare in tanti, ma quando è difficile. Ernest Hemingway avrebbe chiamato tutto questo grace under pressure (grazia sotto pressione) che è la caratteristica che identifica nei protagonisti dei suoi romanzi. Quella, per esempio, che possiede Santiago, l’anziano pescatore de “Il vecchio e il mare”, ormai abbandonato da tutti, peggio, accusato di portare sfortuna. Santiago, tuttavia, testardamente prende la sua barca, da solo fa rotta verso il mare aperto davanti alla città de L’Havana e finalmente aggancia il pesce che aveva sognato da tutta la vita. Ci combatte per tre giorni e per tre notti, durante i quali quel pesce non sale mai in superficie, trascinando quella barca e il suo proprietario sempre più al largo. In una pagina di sconcertante attualità Santiago, rivolgendosi al pesce, gli dice: «Potessi almeno vederti… Potessi almeno sapere contro che cosa sto combattendo!». Alla fine Santiago vince. Pesca quel marlin gigantesco che è talmente grande che sulla sua barca non ci sta ed è costretto a legarlo alla murata, la parte laterale dello scafo. Dopo poche ore, però, arriverà un branco di squali che spolperà la carne di quella preda, lasciandogli soltanto lo scheletro che lui abbandonerà sulla spiaggia, prima di tornare nella sua capanna a dormire. Sostiene Hemingway che la magnitudine di un eroe non è nel successo in quanto tale, ma nello sforzo che serve per inseguire quel successo. Se quello sforzo c’è, allora può esserci vittoria anche dove apparentemente sembra esserci sconfitta. L’immagine di Sonny Colbrelli tiene insieme quello sforzo e una bellissima idea di vittoria, quello che è talmente perfetta da non aver più bisogno alla necessità di essere arrivato davanti a degli avversari o di una medaglia che la legittimi.
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