Lo scandalo del Messia sofferente. La parola profetica è difficile da comprendere, soprattutto quando si realizza nel disegno d’amore scandaloso del Padre che sacrifica il proprio Figlio. È questa immagine che Pietro non può accettare, ma che ogni credente in realtà è chiamato ad accogliere, affermando di
fronte al Servo sofferente: «Tu sei il Cristo» (Mc 8,29).
Commento di don Mario Albertini
“Voi, chi dite che io sia?” voi, proprio voi, noi, noi che siamo qui. Chi è, per noi, Gesù? Forse la nostra prima risposta è portata ad esprimere un’opinione di carattere generico: è un grande personaggio, è un maestro incomparabile, è un martire vittima dell’invidia e dell’ingiustizia, eccetera eccetera.
Ma dando risposte di questo tipo (come erano quelle della gente di allora, quando lo indicavano come un profeta redivivo) non rispondiamo alla domanda di Gesù, il cui senso è: per voi, per noi, per me: cosa è Gesù? Egli si aspetta un atto di sincerità, di verità, si aspetta che gli dica quanto lui, Gesù, conta nella mia vita; che io verifichi nella mia coscienza se coltivo un’autentica relazione personale con lui; che io non mi limiti a pensarlo al passato come un personaggio storico vissuto duemila anni fa, ma che veda se è qualcosa per me oggi e per il futuro. Devo dare la mia risposta, nessuno può darla per me.
Quella volta Pietro diede la risposta giusta: “Tu sei il Cristo”, cioè il messia che tutti aspettano, l’inviato di Dio per la nostra salvezza, la comunicazione dell’amore di Dio. Eppure poco dopo si meritò un duro rimprovero da parte di Gesù: “Va’ dietro a me, Satana”. Perché? perché è vero che lo aveva riconosciuto come il messia, ma per il futuro lui, Pietro, aveva dei progetti diversi da quelli di Gesù, il quale aveva preannunciato una condanna, una morte violenta, e una misteriosa resurrezione. E Gesù gli dice: non rifarti alle tue idee e ai tuoi progetti, ma devi seguire me: la mia strada è quella della croce, e questa è la strada anche dei miei discepoli. Quindi anche la nostra strada. Leggendo il Vangelo possiamo seguire Gesù per le strade della Galilea e della Giudea, e dalla sua parola e dai suoi gesti imparare ad essere suoi discepoli. Infatti le parole e le azioni di Gesù sono sempre attuali, perché Gesù vive adesso con noi e parla adesso per noi, a noi.
Ma oltre che seguirlo per le strade della Palestina, dobbiamo percorrere con lui anche il cammino della croce. La croce per noi non sarà il martirio, ma consiste nel “vivere secondo la parola di Gesù e il suo esempio” (colletta della Messa) con coerenza e fedeltà. E’ una cosa molto bella, ma anche impegnativa, che può richiedere rinunce ed esige che accettiamo prove e sofferenze, fisiche e morali. E’ così che Gesù diventa il nostro riferimento esistenziale per oggi e per il futuro.
E allora alla sua domanda: “Tu, chi dici che io sia?”, riusciremo a dare con convinzione la nostra risposta: Tu, Gesù, sei l’unico, perché sei venuto a dirci da parte di Dio che Dio ci ama, tu stesso ne sei la prova, con le tue parole, le tue azioni, e la tua croce.
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