La Parola che ci chiama all’annuncio. Ripetendo le parole del profeta Amos, ciascuno di noi può sentirsi chiamato e inviato dal Signore ad annunciare la sua Parola, affinché ciascuno possa partecipare della salvezza donata da Gesù e testimoniata dai primi discepoli, compimento del «mistero» d’amore del Padre.
Commento di don Mario Albertini
Erano stati chiamati dalle più diverse situazioni (pescatori, esattori delle imposte, eccetera), e adesso sono mandati allo sbaraglio: devono portare dovunque la parola di Gesù; possono servirsi dei mezzi umani, ma non devono contare su di essi bensì esclusivamente sulla forza della missione ricevuta. E sanno che la loro parola sarà accolta da alcuni ma rifiutata da molti – ma non importa: l’eventuale probabile fallimento non impedirà loro di continuare ad annunciare la verità di Dio. E’ questa la storia degli apostoli.
Storia analoga a quella del profeta, Amos, raccontata nella prima lettura: di fronte ai potenti che vogliono impedirglielo, Amos rivendica il suo diritto-dovere di parlare: io facevo il pastore, e stavo bene come ero, ma Dio mi ha preso e mi ha incaricato di annunciarvi che se non cambiate viva dovrà punirvi. Una missione alta, ma scomoda: scomoda per lui, e scomoda per quelli a cui parla, ma questo è il mandato di Dio.
E la nostra storia non avrà qualche analogia con queste due?
Sì e ce lo dice la seconda lettura. Una pagina molto bella anche se a prima vista difficile. In essa possiamo enucleare tre cose: 1- anche noi, tutti, siamo stati scelti da Dio; 2- anche su di noi, su ciascuno di noi, Dio ha un progetto; 3- il punto d’arrivo, proposto a tutti, è l’incontro con lui nella gioia eterna.
1- siamo scelti da Dio: “in Cristo, il Padre ci ha scelti prima della creazione del mondo, e ci ha predestinati a essere suoi figli adottivi”. Per Iddio tutto è presente; da sempre e per sempre siamo sotto lo sguardo di Dio che pensa a noi offrendoci un rapporto di intimità, quello di essere suoi figli.
2- Dio ha un grande progetto, quello di “ricapitolare in Cristo tutte le cose”, cioè quello di mettere sotto l’unico capo che è Gesù Cristo tutto il creato e tutta l’umanità. In questo progetto entriamo anche noi, che siamo chiamati a svolgere i compiti che la vita ci affida, in famiglia e nella società, sapendoli orientare a Dio.
3 – il punto d’arrivo è l’incontro con Dio nella gioia eterna: “in Cristo siamo stati fatti eredi, perché fossimo a lode della sua gloria”.
E’ questa la nostra speranza, anzi la nostra certezza, se rispondiamo alla chiamata del Signore. Dunque la nostra è una chiamata che Dio propone in tre tempi: siamo stati scelti da sempre, per svolgere un impegno attuale, in attesa di un premio eterno. Io ho una grande paura: che non siamo convinti che queste verità così belle riguardino proprio noi, e che si tratti di cose astratte. Ed è perché non crediamo per davvero che Dio ci voglia bene, che Dio ci ami. Ed è questa invece la verità che Gesù ci ha insegnato e comunicato: sì, Dio ci vuole bene.
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