Giu 122021
 

Gabriel si è arreso. E questa terra geme

Santità, scrivo per tutti, ma mi rivolgo soprattutto a Lei. Il piccolo Gabriel se n’è andato proprio nel giorno in cui si concludeva l’«Anno Laudato si’». Per noi abitanti della ‘terra dei fuochi’, la lieta ricorrenza è stata suggellata, ancora una volta, dal pianto e dalla morte. Aveva solo 9 anni, Gabriel; abitava a pochi chilometri da Acerra, la diocesi che lei, Padre Santo, avrebbe dovuto visitare nel maggio del 2020, se la pandemia non glielo avesse impedito. Gabriel va ad aggiungersi ai tantissimi bambini, adolescenti, giovani, che in questi anni sono volati in cielo, vittime di un sistema assurdo che per interesse o per negligenza miete migliaia di vittime innocenti.

Finalmente, dopo anni di civilissime lotte e proteste, l’Istituto superiore di sanità, ha riconosciuto che nella nostra terra tra ambiente malsano e salute c’è un nesso di causalità. Lavoro in nero, evasione fiscale, industriali disonesti e camorra hanno causato ai cittadini danni incalcolabili. Gli scarti industriali vengono bruciati nelle campagne, sversati nei corsi d’acqua o addirittura interrati, con le conseguenze che ognuno può intuire. Purtroppo, come sempre accade quando gli uomini si fanno lupi dei loro fratelli, a pagare il prezzo più alto sono i più poveri, gli emarginati, i piccoli.

I bambini, Santità! Abbiamo nei loro confronti tantissimi doveri e quasi nessun diritto. Ci furono affidati perché li aiutassimo a crescere nel migliore dei modi; a tenere sotto controllo gli egoismi personali, familiari, nazionali per godere la gioia di abbracciare e servire il mondo. Le orribili immagini dei bambini insepolti sulle spiagge libiche sono una coltellata al cuore. Ci chiediamo come sia possibile, come possa accadere, che il mondo possa sopportare la vista di bambini che muoiono annegati, di stenti, di freddo per inseguire, con le loro famiglie, l’antico e sempre nuovo sogno della libertà dalla fame e dalla violenza. La pandemia, Santità, ha colpito dappertutto, è vero. E rischia di raggelare il nostro sguardo e chiudere i nostri occhi e il nostro cuore. Ma, come una mannaia, si è abbattuta soprattutto su coloro che già soffrivano: i piccoli, i deboli, i senza voce e anche i nostri ammalati oncologici hanno avuto la peggio. Gabriel si è arreso. Era tanto, tanto stanco, questo piccolo Cireneo. Ha preferito il paradiso. «Il nostro egoismo, la nostra indifferenza e i nostri stili irresponsabili stanno minacciando il futuro dei nostri ragazzi … Prendiamoci cura della nostra madre Terra, vinciamo la tentazione dell’egoismo che ci rende predatori di risorse…» è il suo monito all’umanità. Grazie, Santità. Se mi permette, le vorrei dedicare questi versi che sgorgarono dal mio cuore passeggiando per le nostre campagne: «Terra. Terra mia. Terra nostra. Terra martoriata e bella. Terra di fumi e di veleni. Dolcissima amica dei miei antenati. Oggi tanto umiliata e calpestata. Gemi. Fino al cielo sale il tuo lamento. Boccheggi. Ma ancora non ti arrendi. Lotti. Fino allo stremo ti difendi. Non vuoi morire. Madre. Sorella. Figlia. Compagna dei miei infantili giochi. Ci hai fatto da nutrice. Quando il cuore scoppiava di allegria. E quando il dolore ci faceva piangere a singhiozzi. Ci hai donato l’aria per vivere e la gioia di cantare. Ti facevi soffice per non farci fare male. Fertile per darci pane da mangiare. Terra. Terra mia. Terra nostra. Terra elegante e vanitosa. Il tuo manto, verde in primavera, a giugno si faceva giallo come l’oro. In autunno riempivi le cantine. Di profumi, di mosto e di buon vino. Che festa! Che gioia! Che incanto! Che sapori! Terra mia. Terra dei padri miei. Terra dei figli miei. Figli impoveriti. Maltrattati. Rapinati. Siamo stati con loro cattivi più del lupo. Oggi ti sfuggono. Di te hanno paura. Ti abbandonano. Partono per altri lidi. Terra mia. Terra avvelenata. Insultata. Sfregiata. Ti hanno insozzato il vestito della festa. Hanno annerito il tuo cielo bello come il mare. Ritorna, terra, ad essere nostra amica. Con vergogna ci battiamo il petto. La tua agonia ci addolora. La tua morte ci condanna a morte. Se tu risorgi, noi speriamo ancora. Ritorna, terra, alla vocazione antica. Fallo per loro. Per i figli che non abbiamo amato. Fallo per loro. Già troppo sono stati derubati. Allarga ancora, signora, le tue braccia. E quel tuo cuore bello, sconfinato, immenso come Iddio. Terra. Terra nostra. Terra mia».

Di M.Patriciello da Avvenire

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