Mar 202021
 

Nel dono di Gesù si compie l’alleanza. Gesù, colui che dev’essere «innalzato da terra» e morire, come il chicco di grano, per portare il frutto del perdono, porta a compimento l’alleanza promessa da Dio, affinché tutti possiamo conoscere l’amore del Signore.

Commento di don Mario Albertini

Quell’uomo sfigurato pendente da una croce è  veramente il Figlio di Dio. Quando entriamo in una chiesa,  non come turisti ma da credenti, lo sguardo e la mente e il  cuore sono attirati, oltre che dal tabernacolo, anche dal  Crocifisso: nel primo adoriamo la presenza sacramentale di  Gesù, il secondo suscita in noi un atto interiore di umiltà e di  riconoscenza perché crediamo che è morto per noi. Così  diamo conferma a quello che lui ha predetto: “Quando sarò  innalzato da terra, attirerò tutti a me”. Elevato sulla croce,  Gesù è il centro di attrazione della nostra fede. 

 Attirati dal Crocifisso, guardando a lui, riconosciamo  l’amore che lo ha portato ad accettare quella morte, come  dono per la salvezza degli uomini, e per questo suo amore  umano riceviamo l’amore del Padre che è nei cieli. Abbiamo sentito nella pagina evangelica che Gesù a  chi vuol essere suo discepolo propone di seguirlo là dove è  lui, e chiarisce questa proposta con il paragone del chicco di  grano. Affidato alla terra, non lo ritrovi più come chicco, è  marcito, è morto, però da lì vedi spuntare, crescere,  svilupparsi la vita: la pianticella, e poi la spiga con  innumerevoli chicchi.  

 Ciò è stato pienamente vero in Gesù, perché dalla sua  morte è scaturita la vita per la moltitudine dei suoi fedeli. E  sarà vero anche per ogni discepolo, cioè anche noi dobbiamo  morire per portare frutto. 

 Ma di quale morte si tratta? Quale morte richiede a noi?  E’ la morte dell’egoismo: “Chi ama la propria vita la  perde, e chi odia la propria vita in questo mondo, la  conserverà per la vita eterna”, cioè chi vive in modo egoistico, si perde; chi invece elimina ciò che è deteriore  nella sua esistenza e si rende disponibile nei confronti del  prossimo, è salvato. Il Signore chiede che sappiamo donarci,  accettando quanto di sacrificio questo comporta.  Questi insegnamenti di Gesù, che ci sono presentati mentre  ci stiamo avvicinando alla celebrazione del mistero  pasquale, ci ricordano che quel mistero noi non dobbiamo  soltanto celebrarlo, ma diventarne partecipi.  Gesù però non è rimasto nella morte, è risorto. E noi, se  siamo partecipi della sua croce, crediamo di poterlo essere  anche della sua vita, una vita che non conoscerà la parola  fine, e che ci farà incontrare tutto il bene compiuto e tutte le  persone cui abbiamo voluto bene. 

Il brano del vangelo comincia dicendo che alcuni  forestieri, provenienti dalla Grecia, desiderosi di vedere  Gesù domandarono all’apostolo Filippo di essergli  presentati. Questo è anche il nostro desiderio: non tanto di  vedere il Signore con gli occhi del corpo, quanto di  contemplare il suo mistero di Figlio di Dio. 

Rinnoviamo questo desiderio nella preghiera.

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