Nel dono di Gesù si compie l’alleanza. Gesù, colui che dev’essere «innalzato da terra» e morire, come il chicco di grano, per portare il frutto del perdono, porta a compimento l’alleanza promessa da Dio, affinché tutti possiamo conoscere l’amore del Signore.
Commento di don Mario Albertini
Quell’uomo sfigurato pendente da una croce è veramente il Figlio di Dio. Quando entriamo in una chiesa, non come turisti ma da credenti, lo sguardo e la mente e il cuore sono attirati, oltre che dal tabernacolo, anche dal Crocifisso: nel primo adoriamo la presenza sacramentale di Gesù, il secondo suscita in noi un atto interiore di umiltà e di riconoscenza perché crediamo che è morto per noi. Così diamo conferma a quello che lui ha predetto: “Quando sarò innalzato da terra, attirerò tutti a me”. Elevato sulla croce, Gesù è il centro di attrazione della nostra fede.
Attirati dal Crocifisso, guardando a lui, riconosciamo l’amore che lo ha portato ad accettare quella morte, come dono per la salvezza degli uomini, e per questo suo amore umano riceviamo l’amore del Padre che è nei cieli. Abbiamo sentito nella pagina evangelica che Gesù a chi vuol essere suo discepolo propone di seguirlo là dove è lui, e chiarisce questa proposta con il paragone del chicco di grano. Affidato alla terra, non lo ritrovi più come chicco, è marcito, è morto, però da lì vedi spuntare, crescere, svilupparsi la vita: la pianticella, e poi la spiga con innumerevoli chicchi.
Ciò è stato pienamente vero in Gesù, perché dalla sua morte è scaturita la vita per la moltitudine dei suoi fedeli. E sarà vero anche per ogni discepolo, cioè anche noi dobbiamo morire per portare frutto.
Ma di quale morte si tratta? Quale morte richiede a noi? E’ la morte dell’egoismo: “Chi ama la propria vita la perde, e chi odia la propria vita in questo mondo, la conserverà per la vita eterna”, cioè chi vive in modo egoistico, si perde; chi invece elimina ciò che è deteriore nella sua esistenza e si rende disponibile nei confronti del prossimo, è salvato. Il Signore chiede che sappiamo donarci, accettando quanto di sacrificio questo comporta. Questi insegnamenti di Gesù, che ci sono presentati mentre ci stiamo avvicinando alla celebrazione del mistero pasquale, ci ricordano che quel mistero noi non dobbiamo soltanto celebrarlo, ma diventarne partecipi. Gesù però non è rimasto nella morte, è risorto. E noi, se siamo partecipi della sua croce, crediamo di poterlo essere anche della sua vita, una vita che non conoscerà la parola fine, e che ci farà incontrare tutto il bene compiuto e tutte le persone cui abbiamo voluto bene.
Il brano del vangelo comincia dicendo che alcuni forestieri, provenienti dalla Grecia, desiderosi di vedere Gesù domandarono all’apostolo Filippo di essergli presentati. Questo è anche il nostro desiderio: non tanto di vedere il Signore con gli occhi del corpo, quanto di contemplare il suo mistero di Figlio di Dio.
Rinnoviamo questo desiderio nella preghiera.
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