La salvezza, un dono di grazia. In Gesù siamo chiamati a riconoscere la «luce» del mondo, che viene per la nostra salvezza. In Cristo, Dio continua ad agire nella storia, come già fece per il popolo in esilio; a noi il compito di accogliere con fede questo dono di grazia.
Commento di don Mario Albertini
“Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito”, va letto così: “Dio tanto ama, continua ad amare” il mondo e ciascuno di noi, da farci continuamente dono del suo Figlio, che è Gesù. Quindi un’affermazione non al passato ma al presente: adesso! La pagina del Vangelo è una parte del colloquio di Gesù con un certo Nicodemo, un personaggio che oggi diremmo un intellettuale. Non prevenuto nei confronti di Gesù, ma un po’ sospettoso sì, va da lui di notte, forse per non farsi notare dai suoi colleghi, e gli pone delle domande nel desiderio di capire chi egli sia.
Al centro della risposta ci sta quella frase da cui sono partito (dove il verbo “dare” indica sia il fatto dell’incarnazione, sia quello della morte in croce). Gesù dice che la fonte eterna della sua opera per la nostra salvezza è l’amore di Dio. Lo sentiamo affermare tante volte, che Dio ci vuole bene; ma ci crediamo davvero? Cioè non così, per sentito dire, ma con una convinzione e una certezza che penetrino nella nostra esistenza quotidiana e la trasformino.
Proviamo a lasciare che entri in noi questa affermazione: Dio ci ama tanto, da donarci il Figlio suo. E’ l’eterno, sconfinato amore di Dio, che supera la nostra capacità di comprensione, ma che costituisce l’essenza del messaggio e del dono di Gesù. E san Paolo nella seconda lettura ne fa eco: “per il grande amore con il quale ci ha amato”. Nella sua risposta, Gesù inizia rifacendosi a un episodio avvenuto durante l’esodo degli ebrei dall’Egitto: nel deserto, dopo che alcuni erano stati morsi da serpenti velenosi, Mosè su ordine di Dio fece forgiare un serpente di bronzo e lo pose in alto, su un palo: chi lo guardava, se era stato morso, guariva, per un intervento miracoloso divino. Gesù presenta quell’episodio come un simbolo di quanto riguardava lui: lui sarebbe stato innalzato sulla croce, lo sguardo di fede a lui crocifisso è causa di salvezza. E’ un invito a metterci ai piedi del Crocifisso, a prepararci in questi venti giorni a rivivere, nella settimana santa, il fatto della passione e morte di Gesù, sapendo che: “chiunque crede in lui ha la vita eterna”.
Il Signore poi richiama alcune antitesi che ritornano spesso nella sacra Scrittura: male e bene, tenebre e luce, fare il male e operare la verità, scegliere la morte o accogliere la vita. Antitesi che ci dicono come tutto dipende dalla nostra libertà, dalle nostre decisioni, anche dalle piccole scelte di ogni giorno. Noi siamo quello che decidiamo; certo con tanti condizionamenti, ma essenzialmente siamo quello che decidiamo. Anche per la vita eterna. Dio ci offre la vita – sta a noi deciderci per essa mediante la fede in Cristo crocifisso e risorto. Sapendo che Dio ci ama, Dio ci ama tanto…
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