Feb 272021
 

Il sacrificio del Figlio amato. La Trasfigurazione ci ricorda che il compimento della storia della salvezza (Mosè ed Elia) nell’invio di Gesù Cristo, il «Figlio amato», passa attraverso l’autentico sacrificio della croce, prefigurato nel “mancato” sacrificio di Isacco.

Commento di  don Mario Albertini

Cosa vuol dire “risorgere dai morti”? Non lo  sapevano gli apostoli, ma non lo comprendiamo neanche  noi. Eppure la nostra fede ce lo fa affermare: “credo la  risurrezione della carne e la vita eterna”. Non  comprendiamo, ma questa nostra fede ha come fondamento  la testimonianza degli stessi apostoli, dai quali Cristo  Risorto si è fatto vedere, ascoltare, toccare. 

Ebbene, la Trasfigurazione di Gesù, di cui parla il vangelo,  era stata come un’anticipazione, sebbene non subito capita così. Ma proviamo a sintonizzarci con gli apostoli spettatori  di quella trasfigurazione – i quali esclamano: è bello per noi  essere qui!  “L’esperienza che hanno fatto su quel monte appare loro  bella della bellezza di Dio.  E’ detto: Venne una nube che li coprì con la sua ombra, e  dalla nube uscì una voce: Questi è il figlio mio, l’Amato;  ascoltatelo! 

 “La nube e l’ombra sono figura dello Spirito santo; la voce  è quella del Padre, e Gesù è il Figlio, l’Amato. E’ dunque la  Trinità che si manifesta ai discepoli. 

 “La bellezza cui fa riferimento l’esclamazione di Pietro è  dunque quella della Trinità divina.” (C. Martini)  Noi pensiamo alla bontà, alla grandezza di Dio; ma  pensiamo mai alla sua bellezza? Proviamo. 

 Il racconto della trasfigurazione è racchiuso dalla  ripetizione dell’aggettivo solo. In apertura è detto: “Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e  Giovanni e li portò sopra un monte alto, in un luogo  appartato, loro soli”.  

Gesù li tira fuori dalla confusione, perché soltanto nel  raccoglimento è possibile un contatto forte con il  soprannaturale. Ma quanto si è sperimentato nel  raccoglimento è una ricchezza spirituale che va portata nella  vita di ogni giorno. Gli apostoli infatti scendono dal monte e  riprendono come prima a seguire il loro Maestro, ma con  una consapevolezza nuova. Per noi significa che dobbiamo  riuscire a fare un collegamento tra la preghiera e l’attività  quotidiana, far sì che la preghiera abbia un reale influsso  nella vita. 

Alla fine del racconto è ancora detto: “Non videro più nessuno, se non Gesù solo con loro”. Quando i tre apostoli  scendono dal monte non ci sono più Mosè ed Elia, i grandi  personaggi dell’Antico Testamento; non c’è più la nube che  li aveva avvolti nell’ombra, segno della gloria di Dio; Gesù  non è più trasfigurato… ma c’è il Gesù di ogni giorno, che  cammina con loro, parla con loro, vive con loro e come loro.  Che ci sia solo Gesù, non è una delusione, ma è la scoperta  che quel Gesù lì è il Figlio di Dio e che la sua parola è  parola di vita: “Ascoltatelo!”. Gesù solo per noi significa  saper orientare tutto a lui, fare di lui il centro di tutto. E’ lui  l’unico vero nostro Maestro e Salvatore. Lui solo.

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