Se un parente stretto, poniamo un genitore, poniamo la madre, se ne va da questa vita e noi non siamo lì a salutarla…., se siamo estranei alla morte di nostra madre siamo estranei all’umanità.
Vorrei esprimere il mio consenso a un alto dirigente del Policlinico di Padova, il professor Ivo Tiberio, che s’è dato da fare per rendere possibile l’incontro e il saluto, l’addio, l’a-Dio, dei famigliari con il malato di covid che se ne sta andando. E vorrei dare lo stesso consenso al direttore di un altro ospedale, stavolta di Bassano, per la stessa iniziativa. Così, adesso, che un parente stretto se ne va lo sappiamo di persona, e lui per un attimo vede che siamo presenti, gli siamo vicini
Che gli siamo fratelli o genitori o figli. Che la sua uscita dalla vita è un evento importante per noi, e non lo dimenticheremo. Se un parente stretto, poniamo un genitore, poniamo la madre, se ne va da questa vita e noi non siamo lì a salutarla, la nostra vita è maledetta, non ci riguarda, non c’interessa, se siamo estranei alla morte di nostra madre siamo estranei all’umanità. Sto molto attento agli inizi, la prima riga, dei grandi libri scritti dall’umanità, da quell’inizio deduco la spinta che l’autore aveva a scrivere il suo messaggio. Per me l’inizio più fulminante, rivelativo e indimenticabile, è quello di Albert Camus, “Lo straniero”, e ho sempre pensato che la traduzione esatta di quel titolo doveva essere “L’estraneo”. Il protagonista è estraneo al mondo, alla vita e all’umanità. Non gliene frega niente. E l’autore lo fa capire fin dalla prima riga. Che dice così: “Oggi è morta mia madre. O forse ieri, non so”. Sua madre è morta, ma lui non sa se oggi o ieri. Non era presente. Non è andato a trovarla. A darle l’addio. Non l’ha vista morire, e lei morendo non ha visto il figlio.
Lui all’invito “onora il padre e la madre” risponde “non ho né padre né madre”. Che la madre è morta lui l’ha saputo da un messaggio della casa di riposo, come oggi i parenti dei ricoverati per covid lo apprendono da una telefonata dell’ospedale. Una telefonata è già molto, spesso manca anche quella, perché può essere sostituita da un messaggino. La telefonata è personale, il messaggino è impersonale. Può anche mandarlo una macchina.
La morte annunciata impersonalmente è una morte burocratica, non umana. Perciò più atroce. Più inaccettabile. Ed è questo il termine che usa il professor Tiberio: “Morire senza poter essere salutato dai parenti, figli o famigliari, è inaccettabile”.
Naturalmente salutare non significa, non può significare, stringere la mano, abbracciare o baciare, può significare soltanto scambiare uno sguardo, dire una parola, esprimere un ringraziamento. E’ poco, certo, ma infinitamente più di niente. Se c’è quell’addio, puoi sentire che la tua vita è completata. Se non c’è, ti senti perduto, e la tua vita ti pare insensata. Si dice: “Morire solo come una cane”. Avveniva normalmente, col covid, prima che questo professor Tiberio s’imputasse a creare le condizioni per un ultimo sguardo e una estrema parola. Sicchè adesso si muore sotto lo sguardo e la parola dei parenti. Si muore “umanamente”.
Da Avvenire di F. Camon
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