Ecco la “rivoluzione” liturgica. No alle celebrazioni “fai-da-te”. La Cei: “non togliere o aggiungere nulla, altrimenti si pregiudica il rito”.
Il rinnovato libro arriva nelle parrocchie italiane. Da domenica ecco la “rivoluzione” liturgica. No alle celebrazioni “fai-da-te”. La Cei: non togliere o aggiungere nulla, altrimenti si pregiudica il rito. E’ un libro in cui entra l’esperienza maturata nelle nostre Chiese particolari”, che contiene “arricchimenti” da scoprire passo dopo passo e che soprattutto vuole essere “maggiormente rispondente al linguaggio e alle situazioni pastorali delle nostre comunità”. Il cardinale Gualtiero Bassetti, presidente della Cei, riassume in maniera efficace lo “spirito” del nuovo Messale Romano in italiano che da domenica prima dell’Avvento e inizio dell’Anno liturgico, sarà sugli altari della maggioranza delle parrocchie della Penisola. Lo scrive in apertura del volume, nella disposizione dove stabilisce che sarà obbligatorio usarlo dalla prossima Pasqua, ossia dal 4 aprile 2021.
Sarebbe, comunque, riduttivo considerare il rinnovato libro per celebrare l’Eucaristia soltanto una “raccolta di testi da comprendere e proclamare”. Perchè la liturgia è “luogo privilegiato di trasmissione dell’autentica tradizione della Chiesa e di accesso ai misteri della fede, in un collegamento sempre più stretto con le diverse dimensioni della vita”, si legge nell’introduzione al volume firmata dalla Cei. Quanto si celebra deve tradursi in vita, in “impegno quotidiano”, chiarisce. Infatti nella Messa si “mette in gioco tutta la persona, corpo e spirito” e il Messale “indica anche gesti da porre in atto e valorizzare” con cui “si è coinvolti nel mistero celebrato”, ricorda la Cei. Del resto, il culto liturgico “non è anzitutto una dottrina” ma “sorgente di vita e di luce per il nostro cammino di fede”. Il libro è anche segno di “unità della Chiesa orante”. Quindi, ammonisce la Conferenza episcopale, il sacerdote non deve “togliere o aggiungere alcunché di propria iniziativa”. E avverte: la “superficiale propensione a costruirsi una liturgia a propria misura” non solo “pregiudica la verità della celebrazione ma arreca anche una ferita alla comunione ecclesiale”. Poi ricorda le parole pronunciate da Paolo VI alla vigilia dell’entrata in vigore del Messale romano riformato dal Concilio: no a tendenze che possano “costituire una fuga, una rottura; e perciò uno scandalo, una rovina”. Tuttavia la Cei consente “opportune e brevi monizioni”, ossia spiegazioni durante il rito. Con un’accortezza però: la “parola umana non soffochi l’efficacia della Parola di Dio e del gesto liturgico”. Insomma, non bisogna esagerare. Perché tutto ciò mina la “nobile semplicità” della liturgia che deve essere “insieme seria” e “bella”. Inoltre non va dimenticato che il Messale offre “diverse possibilità di scelta e di adattamento” che non necessitano di ulteriori integrazioni. I vescovi spiegano le novità del volume: dalla traduzione revisionata ai nuovi formulari, soprattutto i prefazi; dall’aggiornamento delle agiografie nel Proprio dei santi all’utilizzo dei testi biblici secondo l’ultima traduzione della Scrittura approvata nel 2007. La Cei chiarisce che “nessuna modifica è stata introdotta nelle risposte e nelle acclamazioni del popolo”. Con tre eccezioni: il Gloria e il Padre Nostro che sono stati rivisti recependo la più recente versione della Bibbia; e il Confesso con la formula inclusiva “fratelli e sorelle”. Ampio spazio viene riservato al canto che l’introduzione definisce “non mero elemento ornamentale ma parte necessaria e integrante della liturgia solenne”. Da qui la scelta di inserire “nel corpo del testo” del Messale “alcune melodie che si rifanno alle formule gregoriane” della precedente edizione del libro datata 1983. Benchè “la migliore catechesi sull’Eucaristia sia la stessa Eucaristia ben celebrata”, l’episcopato italiano incoraggia “un’azione pastorale tesa a valorizzare la conoscenza e il buon utilizzo del libro liturgico”. Se il Messale rimane “il primo ed essenziale strumento” per “la celebrazione dei misteri”, è anche il “fondamento più solido di una efficace catechesi liturgica”. Ecco il richiamo a una “conoscenza attenta e partecipe” che va favorita nelle parrocchie. Nell’introduzione la Cei sottolinea inoltre che la liturgia è “scuola permanente di formazione attorno al Signore risorto” e permette al credente di “imparare a ‘gustare com’è buono il Signore’ “. Per questo le Commissioni liturgiche diocesane o regionali sono chiamate a lanciare alleanze formative con famiglie, parrocchie, associazioni, movimenti o gruppi ecclesiali. Infine i vescovi tengono a ricordare che il Messale di Paolo VI, di cui questa edizione della Cei è la terza tradotta in italiano, rappresenta “uno dei fulcri portanti” della riforma liturgica scaturita dal Vaticano II che è “ormai irreversibile”. Una riforma che non va ripensata “rivedendone le scelte” ma dalle quale occorre “conoscere meglio le ragioni sottese”. E il Messale lo permette in maniera potente.
Da Avvenire di G. Gambassi
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