Ott 172020
 

Vivere nel mondo al cospetto di Dio. Il cristiano sa che la fede non è un affare privato: l’impegno sociale e politico non è separato dalla relazione con Dio. Al contrario, è necessario rimettere sempre al centro il Signore, quale custode della storia, per garantire un vivere sociale giusto e realmente umano.

Commento di don Mario Albertini

La questione fiscale non è di attualità solo oggi, lo era anche ai tempi di Gesù, quando la gente era doppiamente malcontenta: prima perché doveva pagare le tasse, poi  perché le entrate finivano a Roma. Ma quelli che pongono la domanda a Gesù (“è lecito o no pagare le tasse a Cesare?”) lo fanno con l’intenzione di tendergli un tranello: se dice di no (pensano), lo denunciamo all’autorità romana; se dice di si, lo presentiamo al popolo come un collaborazionista degli occupanti.

   Ora, la risposta di Gesù “rendete a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio” non va interpretata come una scappatoia.

   Nel suo significato più ovvio essa significa che ci sono doveri verso la società civile e doveri verso Dio. Essere cittadini leali e collaborare alla realizzazione del bene comune per costruire insieme una società più giusta – ricordandoci sempre che siamo creature di Dio e che l’obbedienza all’autorità dello Stato non autorizza nessuna azione contraria alla legge di Dio.

   Ma la frase di Gesù ha anche un altro valore. Di fronte alla domanda che gli era stata posta, egli risponde: rendete a Cesare quello che porta l’immagine di Cesare. E così egli fa capire che dobbiamo rendere, restituire a Dio quello che porta l’immagine di Dio

   Ora tutto il creato, nella sua grandezza e nella sua bellezza, porta impressa l’immagine di Dio. Conosciamo però dalla Sacra Scrittura che Dio ha creato l’uomo a sua immagine e somiglianza. L’intelligenza e la volontà, caratteristiche della persona umana, sono un riflesso della sapienza e onnipotenza divine. Noi siamo, anche nella nostra piccolezza e anche se peccatori, immagine di Dio.

   Ma lo siamo, immagine di Dio, non solo in quanto persone, ma ancor più perché il battesimo ci ha resi figli suoi.

   “Rendere a Dio quello che è di Dio” significa allora restituirgli noi stessi, cioè orientare tutta la nostra vita a lui. Nessuno può dire: io sono mio. No: io sono di Dio. E siccome Lui ci vuole bene, dobbiamo ricambiare questo amore.

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