Set 052020
 

La Parola che fonda una comunità fraterna. La liturgia della Parola ci richiama alla responsabilità di ciascuno nei confronti del proprio fratello, affinché nella correzione, nel perdono e nell’aiuto reciproco viviamo in comunità l’universale volontà salvifica di Dio.

Commento di don Mario Albertini

 Non si è cristiani da soli, ma lo si è nella comunità dei cristiani. Certo il rapporto con Dio e con Gesù Cristo deve essere personale; è dall’intimo della mia coscienza che esprimo la mia fede, e nessuno può sostituirmi; è dal mio cuore che sale il mio grazie al Signore, è la mia coscienza che mi fa chiedere perdono perché i peccati sono miei. E tuttavia non si è cristiani da soli, occorre avere un vero rapporto con la comunità. Con quale comunità? Gesù ci dà la risposta con le parole che abbiamo ascoltato.

   In modo visibile è comunità cristiana quella che si ritrova in chiesa, come ora noi; la chiesa “qui convocata” – come si dice in una preghiera della Messa. Ma è comunità la chiesa universale che fa riferimento al Papa, e che trova espressione nella diocesi attorno al Vescovo, e in particolare nella parrocchia; ed è comunità cristiana in un modo forte la famiglia fondata sul sacramento del matrimonio. Ed è comunità anche la società civile, alla quale si deve dare un apporto di onestà e di giustizia.

   Ebbene: non si è cristiani da soli perché con queste comunità si deve avere un rapporto vivo, di rispetto, di “amore vicendevole” come abbiamo sentito nella seconda lettura, un rapporto di sostegno morale e di solidarietà, di corresponsabilità.

   E il Signore Gesù indica due particolari aspetti di questo rapporto: il primo piuttosto difficile, il secondo apparentemente più facile ma ugualmente impegnativo.

   Il primo aspetto è quello di sapersi aiutare a vicenda per migliorare la propria condotta.:   “Se il tuo fratello commette colpa, va’ e ammoniscilo”, dice.

   La chiesa, la comunità cristiana non è composta da persone perfette: noi cristiani siamo chiamati ad essere santi, ma rimaniamo sempre capaci di peccare, e quindi continuamente bisognosi di perdono e di conversione. E bisogna sapersi aiutare in questa conversione. Far capire a chi ha sbagliato che ha sbagliato; e a nostra volta accettare che altri ci faccia capire che siamo in colpa. Non è facile né il correggere nel modo giusto, né accettare che altri ci corregga.

   Il secondo aspetto del rapporto vivo con la comunità è la preghiera. La preghiera fatta insieme diventa doppiamente efficace: “perché dove sono due o tre riuniti nel mio nome, io – dice Gesù – sono in mezzo a loro”.

   In ogni tipo di comunità che si rifà a Dio, in quelle comunità che prima ho precisato:  la chiesa, la parrocchia, ma in modo speciale la famiglia, là è sempre presente il Signore.

   Ci pensiamo con fede? Qui con noi ora c’è il Signore Gesù Cristo perché siamo riuniti nel suo nome. E questa sua presenza dà forza alla nostra preghiera: “qualunque cosa domandate, il Padre mio ve la concederà”. Ecco perché ho detto che non si è cristiani da soli.


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