Una fede “responsabile” del mistero di Dio. «Ma voi chi dite che io sia?». La domanda che Gesù rivolge ai discepoli invita a superare una fede “troppo umana” per aprirsi al mistero che solo Dio può e ha voluto rivelare nella vicenda di Ge- sù. La professione di Pietro rivela una fede responsabile, capace di accogliere il mistero del Cristo.
Commento di don Mario Albertini
E voi, chi dite che io sia?
Quel ‘voi’, ai quali Gesù rivolge la domanda, siamo noi, è ciascuno di noi. Se qualcuno ci chiedesse a bruciapelo: chi è per te Gesù? – ci metterebbe in imbarazzo perché è difficile rispondere a domande così dirette. Perché non è sufficiente ripetere quello che dicono gli altri, neanche semplicemente ripetere quello che abbiamo imparato al catechismo, ma bisogna trovare dentro di noi una risposta personale, che cioè parta dalle nostre convinzioni profonde e dalla nostra vita.
Non si tratta infatti di definire la figura di un personaggio storico, la domanda non è: chi era Gesù?, ma chi è? – e come io mi metto davanti a lui; si tratta di capire la qualità del rapporto che c’è fra ciascuno di noi e lui, tra me e lui, e che cosa significa nella mia vita questo rapporto.
Si tratta, in altre parole, di capire se lo sento amico, se lo riconosco mio Salvatore, se credo che è il crocifisso e il risorto, il vivente, se sono disposto, con il suo aiuto, a seguirlo anche portando le mie croci…
Per trovare la risposta giusta occorre la riflessione per conoscerlo sempre meglio, ma soprattutto la preghiera – perché è nella preghiera che si incontra Gesù – in modo particolarissimo nella Messa, dove ascoltiamo la sua parola e partecipiamo al suo sacrificio e possiamo riceverlo nell’Eucaristia.
La pagina del vangelo ci fa capire un’altra cosa interessante: il giorno in cui saremo capaci di dare una risposta di fede nel dire chi è Gesù per noi, comprenderemo anche chi siamo noi per lui.
Quella volta Simone disse: Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente. E in controbattuta si sentì dire da Gesù: E tu sei Pietro, pietra fondamentale, – e si sentì conferire un compito di responsabilità nella Chiesa: “a te darò le chiavi”, che sono simbolo dell’autorità.
Anche noi ci sentiremo dire da Gesù: a te (e ci chiama per nome, uno per uno), a te che mi riconosci tuo Salvatore, do la capacità e la gioia di essere in me figlio di Dio – e ti affido il compito di collaborare con me e con tutti i tuoi fratelli per costruire la mia famiglia.
Tra poco, nella professione di fede, affermeremo di credere “in un solo Signore, Gesù Cristo, Dio vero, fatto uomo per la nostra salvezza, morto sulla croce e poi risuscitato”. Lì si definisce che è Gesù.
Però non diciamo questo semplicemente perché lo sappiamo a memoria, ma con l’adesione della mente e del cuore, così che questa professione di fede sia risposta personale all’interrogativo che dobbiamo portarci dietro: Chi è Gesù, per te?
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