Tra le sue dimensioni principali ha quelle dell’aspettare e del vegliare, due verbi che hanno davvero poco a che fare con il ritmo incalzante e roboante della vita dei ragazzi. Eppure l’Avvento è “un tempo giovane” perchè “pieno di speranze, attese, sogni che devono essere realizzati; di cammini e ripartenze; di scelte definite e paure; di entusiasmi e scoraggianti”. Per don Tony Drazza, assistente ecclesiastico de l’Azione cattolica per il settore giovani, insomma, Avvento e nuove generazioni è un binomio che regge e può rivelarsi foriero di sorprese. A patto che si abbia voglia di “imparare ad accogliere i silenzi degli uomini e di Dio” e di “scegliere la lentezza”. “I ragazzi hanno bisogno di trovare un luogo silenzioso e lento per ridare senso profondo alla vita”, afferma il sacerdote sottolineando l’urgenza di capire realmente che “stiamo correndo troppo”. “abbiamo tutti il fiatone e i calendari strapieni”, osserva l’assistente dell’Ac per il quale “abbiamo imparato a condividere le agende, ma abbiamo smarrito il desiderio di condividere la nostra vita”. Secondo don Drazza, accade che “mettiamo in comune le cose, ma non il cuore” e questo ci porta a correre di più, pensando di riuscire a non sentire il vuoto di un amore che ci manca”.
Nella frenesia del mondo, ecco allora che l’Avvento suscita delle domande e le fa risuonare nella mente di ciascuno: “Da chi è guidata la mia vita? Dove sto guardando? Cosa mi spinge davvero a uscire fuori dalle mie sicurezze?”
Sono interrogativi forti che spronano, che spingono ad alzare gli occhi, a mettersi in gioco e ad avere coraggio. E’ fondamentale infatti evitare di trasformare il periodo che ci porta al Natale in un rito vuoto, ripetitivo, una sorta di abitudine che va vissuta ogni anno. Occorre cioè “tornare a fare sul serio con la nostra vita e con la fede”. “Credo – confida Drazza – che durante l’Avvento tanti elementi ci aiutino: l’aria, la bellezza delle piazze, le luci colorate invitano ad aprire il cuore alla bellezza”. “Dovremmo però – avverte – non perderci dentro queste cose, quanto piuttosto trovarne il senso umano”. Serve “essere attenti a quello che succede, far nascere dentro ciascuno il nuovo che, pur essendo presente, va aiutato e custodito”. E’ importante allenarsi e per questo, suggerisce don Drazza, può essere utile e interessante “scrivere una lettera e spedirla a un amico e provare a sentire cosa succede nel cuore”. “Sono convinto – dice – che scrivere una lettera con carta e penna rientri in un’esperienza mistica: devi fermarti per forza, sederti o trovare una posizione comoda, non puoi farlo velocemente così come si fa usando uno smarthphone”. E poi, aggiunge, “abbiamo bisogno di tempo per trovare la carta adatta e la busta, per comprare il francobollo e infine spedire”. “Essere attenti costa fatica”, sintetizza il sacerdote che propone di “incontrare le persone, andare alla ricerca di qualche amico perso di vista nel corso degli anni, trovarsi e condividere qualcosa di buono o per raccontarsi”.
Del resto, l’Avvento è o dovrebbe ritornare a essere “il tempo delle vicinanze”. “Allo stesso modo in cui Dio si fa vicino, così noi – spiega – dovremmo essere capaci di prossimità, uscendo dalle nostre zone comfort, scegliendo la strada come luogo dei nostri incontri e potendosi scaldare il cuore vicino alla tavola”. Il consiglio per questo Avvento è quindi quello di “fare qualcosa che sconvolga il cuore, che faccia guardare il mondo in modo diverso, proprio come i pastori di Betlemme”. Di S. Careddu
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