La preghiera al Padre suscita ed esprime lo zelo missionario
La preghiera, per la carità che la anima, si riveste ed esprime lo slancio verso gli altri proprio della carità. “Raccomando innanzitutto che si facciano suppliche, preghiere e intercessioni di grazie per tutti gli uomini… Questo è gradito al cospetto di Dio salvatore nostro, il quale vuole che tutti gli uomini si salvino e arrivino alla conoscenza della verità” (lTim.2,1.3-4); “Mi è testimonio Iddio come io vi desideri tutti nel cuore Cristo Gesù. E per questo prego che la vostra carità… (Fil.1,8-9). La preghiera inoltre, proprio per l’intimità in cui si svolge e che crea con il Padre, dispone all’abbandono ai suoi ’intendimenti’ salvifici. Una tale disponibilità apostolica, ispirata e favorita dalla preghiera, si riscontra nella vita stessa di Paolo (cfr.Gal.1,15-17; At. 13,2).
La preghiera è zelo missionario e apostolico in azione
La preghiera filiale entra in modo esplicito nell’azione apostolica di Paolo.
Egli sa molto bene che l’approfondimento e l’espansione della comunione d’amore tra il Padre ed il Figlio nella Chiesa e nell’umanità, è frutto dell’amore e della potenza del Padre; sa bene che il suo cuore colmo dell’amore di Gesù verso gli uomini (Fil.1,8) e la sua attività apostolica da soli non possono ottenere la conversione dei pagani e la perseveranza dei convertiti; sa bene che egli non può arrivare e stare dappertutto.
Così il suo zelo, cioè il suo amore a Dio Padre ed agli uomini, come insegnato da Gesù, si rivela e si traduce in preghiera.
Non meraviglia più allora che per Paolo preghiera e apostolato sono un binomio inscindibile, unito proprio dal ’vincolo della carità’.
Per lui questa simbiosi comunica all’azione apostolica il massimo sviluppo e la massima efficacia. Egli prega per la sua missione. Le Chiese popolano la sua preghiera. Egli fa sfociare la preghiera – e prega gli altri di fare altrettanto – in azione apostolica.
Innanzitutto egli prega il Padre perchè l’avvento del suo Regno è completamente dono suo; da Lui solo può venire la possibilità di evangelizzare: egli la chiede e la fa chiedere in varie preghiere ( 1Tess.3,1 3-1 3; 1Cor.15,10; 15-7 1,10; 15,30; Col.4,3-4; Ef. 6,19).e 1,16-18; 1 Cor.3,6-7; 2Cor.3,4-6; Fil.2,13; Ef.3,20; 2Tim,1,9…).
Vediamo qui alcuni esempi.
“Notte e giorno noi gli (a Dio) domandiamo insistentemente di vedere i vostri volti e di completare ciò che manca alla vostra fede. Che lo stesso Dio e Padre nostro e il Signore nostro Gesù Cristo ci appianino la via verso di voi“(1 Tess.3,10-1)
“Mi è in verità testimonio Iddio, a cui presto culto con il mio spirito annunziando l’evangelo del Figlio suo, che faccio memoria di voi senza posa e domando nelle mie preghiere che sia finalmente offerta un’occasione opportuna per venire da voi, se è volere di Dio” (Rom. 1,9-11).
La sintesi tra l’apostolato e il culto è realizzata in qualche modo nella preghiera, dove egli raccomanda a Dio le comunità già evangelizzate e il proseguimento del suo sforzo missionario.
Anche ai Filippesi egli dice:
“Rendo grazie al mio Dio ad ogni ricordo di voi, sempre in ogni mia preghiera supplicando per voi con gioia, a motivo della parte da voi presa all’evangelo… e ho questa ferma fiducia che colui il quale iniziò in voi opera così eccellente la porterà a compimento fino al giorno di Cristo Gesù”.
Come si vede, Paolo prega continuamente: l’oggetto ordinario della sua preghiera è il compito apostolico, la perseveranza dei cristiani…, la loro fede, la loro carità, la loro pazienza nelle persecuzioni.
I testi paolini da cui emerge questo carattere e questa funzione della preghiera sono numerosi: 2Tess. 1, 3;3,16;1Cor 15,10; 16,7; 2Cor. 13,7; Rom. 15, 5.30; 16,25-27; Col. 1, 3-5; 4, 3-4; Ef. 3,14-21; 6, 19…).
La preghiera rende l’azione apostolica\missionaria un’attività comunitaria.
Paolo solitamente non prega da solo, non isola la sua preghiera, ma la appoggia e la unisce a quella di tutta la comunità o, meglio, vuole che la preghiera apostolica sia espressione della carità della comunità.
In tal modo da una parte il suo zelo ed il suo impegno apostolico diventano opera comune di tutta la comunità, un’attività comunitaria, e dall’altra la preghiera comunitaria o liturgica, o quella di fedeli uniti in ispirito con lui e fra di loro, diventa più efficace, perché, come ha insegnato Gesù (Mt, 8, 20), più fraterna.
“Vi invito, o fratelli, per il Signor nostro Gesù Cristo e per la carità dello Spirito Santo, a gareggiare nelle vostre preghiere a Dio per me, affinchè io possa sfuggire… e l’aiuto dato riesca ben accetto… Che il Dio della pace sia con tutti voi. Amen.” (Rom.15,30-33).
Di questa comunione nella preghiera è la stessa comunità a beneficiarne per prima: essa è portata per questa comunicazione e comunione di intenzioni, per questa spinta verso i fratelli e verso tutti gli uomini, ad aprirsi, a conformarsi e ad allargare il suo cuore secondo il cuore di Cristo, a imitazione del Padre, in soave odore e a gloria di Dio.
S..Paolo dunque propri la preghiera rende l’azione apostolica\missionaria un’attività, un ‘combattimento’ comunitario, quasi un’azione liturgica; in tal modo egli fa vivere ed educa la comunità alla preghiera nella carità ed alla carità della preghiera.
La preghiera dà all’azione apostolica\missionaria i confini stessi dell’amore.
E’ ancora la preghiera, innalzata al Padre per l’azione dello Spirito Santo, che, in quanto fatta nella carità, dà all’azione apostolica il respiro, la potenza e le dimensioni stesse della carità, e a questa un ulteriore modo di manifestarsi, di allargarsi e di fecondare.
L’Apostolo delle genti trova nella preghiera il mezzo per arrivare a soddisfare il suo desiderio missionario\apostolico secondo il cuore di Gesù, zelo che altrimenti resterebbe, almeno in parte, limitato dallo spazio e dal tempo, dalla difficoltà di far giungere a tutti la sua parola ed i suoi scritti. Egli infatti esprime questo zelo missionario attraverso l’offerta religiosa della sua vita e delle sue sofferenze; per lui le sofferenze della vita cristiana e soprattutto di quella apostolica, suppliscono a ciò che manca alle tribolazioni del Cristo, a vantaggio del Corpo di lui, che è la Chiesa (Col.1,24). In essa egli trova un modo sconfinato di amare; insegna a farne, un uso costante, perseverante, continuo, in ogni luogo, con fiducia, con gioia, sotto ogni forma, in continuità con il suo costante, perseverante, ardito, gioioso e multiforme peregrinare e predicare. E chiede che anche chi non ha il carisma dell’apostolato si sforzi però di contribuire all’evangelizzazione con la preghiera.
Così la sua preghiera arriva fino a chiedere la salvezza dei suoi eterni avversari, i giudei:
“Fratelli, sì, il voto del mio cuore e la mia preghiera sono per essi e la loro salvezza” (Rom.10,1). Così chiede a Timoteo di raccomandare ai cristiani della comunità da lui diretta che allarghino il loro cuore e la loro preghiera secondo le dimensioni dell’amore di Cristo e del Padre, cioè senza confini: “Raccomando innanzitutto che si facciano suppliche, intercessioni, rendimenti di grazie per tutti gli uomini, per i sovrani e per tutti quelli che sono costituiti in autorità… Voglio dunque che gli uomini preghino in ogni luogo, alzando mani pure senza ira nè contesa” (lTim.2,1…8; cfr.anche Sf.6,18-20).
Quando l’azione apostolica è costretta a limitarsi ad un ambito particolare, la preghiera può estendersi così largamente quanto la carità stessa: essa può togliere tutte le distanze…
Questa unione tra la preghiera e la carità apostolica è senza dubbio la caratteristica del movimento suscitato dal cristianesimo nel mondo, e fa che la preghiera di ogni cristiano si amplifica fino agli ultimi confini della terra. .
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