Costruire fraternità. La parabola dell’amministratore infedele non esalta la furbizia umana, ma invita ad usare una analoga perspicacia anche nella vita spirituale: perché i credenti non si preoccupano con altrettanta serietà per costruire sulla terra relazioni sempre meno egoistiche e più consone al regno di Dio?
Commento di dono Mario Albertini
Le tangenti non sono un’invenzione del nostro tempo. Probabilmente quello riferito da Gesù sotto forma di parabola era uno dei tanti fatti di cronaca, di allora e di oggi, una storia di imbrogli che, scoperta, porta al licenziamento in tronco dell’imbroglione, il quale per mettersi al sicuro ricorre alle tangenti. Sì, storia di quel tempo, ne parla anche il profeta nella prima lettura, e storia del nostro tempo. Gesù riferisce quel fatto per trarne degli insegnamenti.
Il primo insegnamento lo troviamo nella frase: i figli di questo mondo sono più scaltri dei figli della luce – e intende dire: c’è chi adopera l’intelligenza per imbrogliare o comunque per comportarsi male, ebbene chi vuol essere mio discepolo sappia adoperare altrettanta intelligenza sulla strada della bontà, della giustizia, della verità.
Essere discepoli di Gesù vuol dire avere sì un cuore di fanciullo per la semplicità interiore, ma avere anche un cervello da adulto, cioè saper usare l’intelligenza per capire il valore giusto delle cose, e quindi decidere in modo che la bontà e la verità entrino a far parte della nostra vita e siano sempre più presenti anche nella società.
Un secondo insegnamento è contenuto nella ingiunzione del padrone all’amministratore: Rendi conto della tua amministrazione. E’ quello che esigerà da noi il Signore, quando ci chiederà: come hai colmato gli anni della tua vita, i giorni dei tuoi anni? Perché il tempo è la ricchezza che egli ci ha affidata, e della quale non siamo proprietari ma soltanto amministratori.
Il tempo noi lo riempiamo, sì, di mille cose, tanto che la lamentela non ho tempo è spesso sulla nostra bocca. Ma quando il Signore ce ne domanderà conto, non vorrà sentirsi esporre un interminabile elenco di cose: ho fatto questo e quest’altro, sono corso qua e là, ho incontrato Tizio e Caio…
Vorrà sentire se il poco o il tanto che ho fatto, l’ho compiuto secondo coscienza, con rettitudine, con amore, per il bene. Vorrà sapere se ho valorizzato il mio tempo dedicandone anche a chi aveva bisogno di essere accolto e ascoltato. E avrò le carte in regola solo se a mio favore ci saranno testimonianze di bontà.
Ed ecco allora il terzo insegnamento: Fatevi degli amici con le vostre ricchezze perché vi accolgano nelle dimore eterne. Infatti, conclude Gesù, non potete servire Dio e le ricchezze.
E per servire Dio, l’investimento più sicuro, quello che rende per la vita eterna, è l’attenzione caritatevole verso i bisognosi; saranno loro ad accoglierci nella casa di Dio, e allora capiremo che vera ricchezza non è quello che si possiede ma quello che si dona.
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