“Mente sana in corpo sano” dicevano i latini, esaltando le cure del corpo in funzione di una migliore qualità della vita. Il proverbio vale ancora, soprattutto nel periodo estivo, che è un toccasana per il corpo, purchè le cure non siano finalizzate unicamente alla perfezione della forma esteriore a discapito di quella interiore. In questo caso ci si allontanerebbe dalla considerazione del corpo che aveva anche la filosofia classica: l’anima immortale, il corpo un involucro destinato a scomparire! In alcune epoche questa tesi di Platone ha influenzato anche la cultura cristiana, che però non ha mai accettato il giudizio completamente negativo riguardo alla corporeità.
La radice del pensiero cristiano sul corpo si basa sui racconti biblici, che collegano la corporeità al termine ebraico basar, indicando così che l’identità dell’uomo è data dalla sua concretezza corporea e dalle sue relazioni interiori ed esteriori. Oggi che, alla bellezza interiore, si preferisce l’apparenza e che la fisicità è diventata una scelta esistenziale, il corpo occupa una posizione centrale nella concezione della persona. La conseguenza è che mettersi in mostra, colpire l’attenzione, soffiare aspetti fuori dal comune, è diventata una specie di gara. La voglia poi di mostrarsi sempre in forma, nonostante il passare degli anni, finisce in schiavitù. Così, nel tentativo di nascondere i segni della vecchiaia, la società diventa un campo di battaglia biomedico: dalle pratiche sportive alla frequentazione delle palestre, dalle ossessioni dietetiche alle attenzioni igieniche. Sulle tante espressioni del mito della giovinezza la pubblicità fa la sua parte sul web, su riviste specializzate, su inserti nei giornali. In trasmissioni televisive.
Non c’è dubbio che d’estate nuotare, scalare le montagne, esporsi al sole, passeggiare, fa bene, ma se questa attività da mezzo di salute diventa fine – osserva il filosofo Umberto Galimberti – si passa dall’etica all’estetica.
Saggezza vuole che, invece di modellare corpi sempre più perfetti, si formino persone più libere, che insieme all’attenzione al corpo, ci tengano a coltivare l’anima. Aristotele nel De Anima scriveva: “E’ l’anima a costituire e a conservare l’unità del corpo e ad assicurarne la consistenza.” E’ facile rendersi conto che la dimensione esteriore senza un riscontro interiore svilisce. Capita anche nella liturgia, dove l’unità tra corpo e spirito è parte integrante delle celebrazioni che racchiudono l’esperienza del Figlio di Dio.
Proprio la sua incarnazione e la sua risurrezione attestano che nulla di ciò che riguarda l’esperienza umana può andare perduto.
Le cure estive dovrebbero servire a ripulire il corpo dalle scorie invernali, ma anche a rinfrancare lo spirito. Molti lo fanno, prendendo le distanze dalle ferie commerciali per cercare ospitalità nelle case religiose. A dire dell’associazione “Ospitalità religiosa italiana”, quest’anno sono circa 800 le strutture gestite direttamente da parrocchie, diocesi e ordini religiosi, a cui vanno sommate le altre 800 di proprietà religiosa affidate ai laici. Ma è soprattutto negli eremi e nei conventi che il corpo viene considerato e percepito come “un contenitore d’eternità”, secondo la felice espressione dello scultore polacco Igor Mitoraj. “Il corpo commercializzato mi fa orrore – egli diceva – amo le rughe allegre e quindi anche la vecchiaia perché ogni età ha la propria ricchezza e la propria bellezza.
Sono contro la volgarità. E l’unica cosa che rimpiango è che non c’è più il pudore: ogni cosa scoperta cade nel vuoto, perché non ha più fascino”.
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