La Chiesa vive nello Spirito. Lo Spirito di Dio promuove ciascuno nella sua singolarità, senza separarlo dal “noi” che forma la comunità. Lo Spirito ci tutela da ogni logica di individualismo o di massificazione, per farci crescere come persone capaci di relazioni costruttive.
Commento di don Mario Albertini
Tutte tre le letture meriterebbero un approfondimento; mi soffermo un po’ di più sulla prima, ma qualcosa dico anche delle altre due. La prima lettura racconta l’episodio che avvenne come oggi, 50 giorni dopo la Pasqua: la discesa dello Spirito santo sugli apostoli, che si trovavano riuniti in preghiera. Ci dice, questa lettura, come gli apostoli hanno vissuto quell’avvenimento: anzitutto sono sconvolti da qualcosa di inatteso: all’improvviso si sentì un rombo come di vento gagliardo, e apparvero delle fiamme, delle lingue come di fuoco. Questa però è solo la scena esteriore; la realtà interiore è che essi, gli apostoli, “furono pieni di Spirito Santo” – sono interiormente trasformati e, ormai non più timorosi, escono ad annunciare il vangelo, a testimoniare che Gesù, morto sulla croce, è risorto.
Questo per gli apostoli – ma molte altre persone furono coinvolte in quell’episodio: c’era in città gente che proveniva anche da paesi lontani, e a questa gente gli apostoli si misero a parlare ‘in altre lingue’, cioè vengono capiti da tutti. Questo è il racconto dell’episodio – ma non si tratta di un avvenimento chiuso in sè che noi oggi ricordiamo, esso è un avvenimento aperto alla storia perché si tratta dell’inizio della Chiesa, della comunità di quanto credono in Gesù. La predicazione che gli apostoli cominciarono quel giorno ha raggiunto anche noi: lo Spirito Santo attraverso tutti i tempi rende la Chiesa strumento efficace di salvezza e di santità, e per mezzo suo noi siamo stati messi in contatto con la parola di Gesù e abbiamo ricevuto il battesimo che ci ha fatti figli di Dio. Allora oggi, celebrare la festa della Pentecoste significa rinnovare la nostra adesione alla comunità dei credenti in Gesù Cristo, sentircene responsabili, e anche noi ricevere lo Spirito santo.
La seconda lettura parla di una particolare azione che lo Spirito Santo compie in noi: egli ci dà la consapevolezza che siamo figli di Dio, e quindi la capacità e il coraggio di chiamare Dio ‘Abbà, Padre’. Perché ci vuole del coraggio in questo, e non per niente il sacerdote introduce la preghiera del Padre Nostro dicendo: osiamo dire…
Siamo figli di Dio: lo diciamo sottovoce, e con un certo imbarazzo, perché: viviamo forse da figli di Dio? Ma lo possiamo dire anche con certezza e gioia, per la presenza dello Spirito santo in noi…
Infine il brano del vangelo, che contiene la promessa che Gesù fece di inviare lo Spirito Santo; e Gesù di questo Spirito dice soprattutto due cose: che è il Consolatore, e che ha il compito di guidare la chiesa verso la verità tutta intera.
E’ il Consolatore: cioè dà luce interiore e forza perché sappiamo vivere l’oggi nella speranza, nella certezza che saremo in Dio in modo glorioso
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