E’ incantevole e particolare la rappresentazione delle opere di misericordia corporale che un pittore giottesco ha dipinto in una cripta all’interno della bella chiesa parrocchiale di Sant’Angelo in Grotte, nella diocesi di Campobasso. Il piccolo paese è posto su una balza di montagna che permette di dominare tutta la piana di Bojano. Un luogo suggestivo, che la storia ha premiato con diverse chiese e opere d’arte. All’ingresso dell’abitato vi è un’antichissima grotta, un antro che fa pensare al rifugio del maligno. Qui, invece, la fede popolare vi ha collocato san Michele, colui che combatte con fiducia ogni influenza negativa. Ma la vera forza contro il male, oltre alla preghiera, resta la misericordia. Non a caso papa Francesco dice che essa è come l’architrave dell’intera Chiesa.
Ma torniamo alla cripta di Sant’Angelo in Grotte. L’ignoto pittore che ha dipinto le opere di misericordia era di certo un uomo di preghiera, ebbe l’ispirazione, credo molto rara, di mettere al centro dei sette quadretti non il povero che riceve un pane o un sorso d’acqua, ma lo stesso Cristo. Di sicuro rammentava la frase evangelica: “Ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere…” (Mt 25,35). Colpisce in quei versetti lo stupore delle genti che si trovano ad aver servito Gesù, senza mai averlo conosciuto, in mille inediti e silenziosi gesti di grazia.
Nei dipinti, coloro che sono stati autori di opere di misericordia sono seduti alla destra di Dio. Con stile e tono regale. Loro sopra, poiché si erano posti sempre sotto. Regali, poiché servitori. Così ogni uomo, in quel volto di Gesù ritratto nei fratelli in difficoltà, riscopre la sua altissima vocazione e dignità.
Certo, spesso è difficile vivere così. Perché i poveri rischiano di stancare. Sono esigenti, non sempre ti dicono grazie. Hanno pretese, come tutti noi. Se non li servi bene, finisci sui giornali e hanno ragione. Per questo sento che quei dipinti mi aiutano a non stancarmi mai di fare il bene. A tutti. Ma oggi specialmente agli immigrati, sempre più numerosi e più esigenti. Non si tratta più di poveracci, ma di gente di buona cultura che chiede dignità prima ancora di pane.
Per loro si è aperto un dormitorio a Campobasso, benedetto domenica 1 ottobre dal cardinale Parolin (segretario di Stato vaticano), amabile e paziente.
Questa casa è un frutto della visita inattesa di papa Francesco in Molise, il 5 luglio dell’anno scorso, quando venne a inaugurare la mensa dei poveri. L’opera è nata quasi naturalmente. Un giorno abbiamo visto un ragazzo, cui avevamo dato da mangiare, restare infreddolito sotto la pioggia. Ci è venuto spontaneo accoglierlo al caldo ed è scattata la solidarietà dei molisani. Il bisono dei rifugiati ci ha messo a dura prova.
Le esigenze crescevano nel tempo e non riuscivamo ad accoglierle tutte. “Casa degli angeli” è un dono del Comune, ristrutturato dalla Caritas perché sia il cuore della carità cittadina. La generosità della gente non à mai mancata.
Di fronte a ciò che succede mi viene in mente il sogno di Giacobbe: la scala verso il cielo con le due schiere di angeli. Da una porta gli angeli scendono e aprono porte, accolgono, dall’altra salgono verso Dio con le lacrime agli occhi, per scuotere la nostra società. Ci spronano a tenere il cuore aperto, nelle case e nelle parrocchie, per non cadere nella tentazione di costruire muri. Ci ricordano che anche noi siamo stati migranti. Respinti o scartati, come ha detto Bergoglio in occasione del suo viaggio apostolico in America. Ora quella memoria dovrà diventare scelta politica, ne va delle sorti del mondo. Senza bombardare. Ma costruendo, invece di distruggere, perché il mondo diventi un giardino senza più frontiere.
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