“Pietro corse al sepolcro” (Lc 24,12). Quali pensieri potevano agitare la mente e il cuore di Pietro durante quella corsa? Il Vangelo ci dice che gli Undici, tra cui Pietro, non avevano creduto alla testimonianza delle donne, al loro annuncio pasquale. Anzi, “quelle parole parvero a loro come un vaneggiamento” (v. 11). Nel cuore di Pietro c’era pertanto il dubbio, accompagnato da tanti pensieri negativi: la tristezza per la morte del Maestro amato e la delusione per averlo rinnegato tre volte durante la Passione. C’è però un particolare che segna la sua svolta: Pietro, dopo aver ascoltato le donne e non aver creduto loro, “tuttavia si alzò” (v. 12). Non rimase seduto a pensare, non restò chiuso in casa come gli altri.
Non si lasciò intrappolare dall’atmosfera cupa di quei giorni, né travolgere dai suoi dubbi; non si fece assorbire dai rimorsi, dalla paura e dalle chiacchiere continue che non portano a nulla. Cercò Gesù, non se stesso. Preferì la via dell’incontro e della fiducia e, così com’era, si alzò e corse verso il sepolcro, da dove poi ritornò “pieno di stupore” (v. 12). Questo è stato l’inizio della “risurrezione” di Pietro, la risurrezione del suo cuore. Senza cedere alla tristezza e all’oscurità, ha dato spazio alla voce della speranza: ha lasciato che la luce di Dio gli entrasse nel cuore, senza soffocarla.
Anche le donne, che erano uscite al mattino presto per compiere un’opera di misericordia, per portare gli aromi alla tomba, avevano vissuto la stessa esperienza. Erano “impaurite e con il volto chinato a terra”, ma furono scosse all’udire le parole degli angeli: “Perché cercate tra i morti colui che è vivo?” (cf. v. 5).
Anche noi, come Pietro e le donne, non possiamo trovare la vita restando tristi e senza speranza e rimanendo imprigionati in noi stessi. Ma apriamo al Signore i nostri sepolcri sigillati – ognuno di noi li conosce -, perché Gesù entri e dia vita; portiamo a Lui le pietre dei rancori e i macigni del passato, i pesanti massi delle debolezze e delle cadute. Egli desidera venire e prenderci per mano, per trarci fuori dall’angoscia. Ma questa è la prima pietra da far rotolare via questa notte: la mancanza di speranza che ci chiude in noi stessi. Che il Signore ci liberi da questa terribile trappola, dall’essere cristiani senza speranza, che vivono come se il Signore non fosse risorto e il centro della vita fossero i nostri problemi.
Vediamo e vedremo continuamente dei problemi vicino a noi e dentro di noi. Ci saranno sempre, ma questa notte occorre illuminare tali problemi con la luce del Risorto, in certo senso “evangelizzarli”. Evangelizzare i problemi. Le oscurità e le paure non devono attirare lo sguardo dell’anima e prendere possesso del cuore, ma ascoltiamo la parola dell’Angelo: il Signore “non è qui, è risorto!” (v. 6); Egli è la nostra gioia più grande, è sempre al nostro fianco e non ci deluderà mai.
(continua)
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