Gesù, il giusto ingiustamente annoverato tra gli empi. Ogni vangelo ha uno specifico approccio all’evento della passione. In Luca (Lc 22,14–23,56) essa costituisce la prova suprema di Gesù: attraverso di essa è attestata la sua innocenza, in modo che tutti gli spettatori possano riconoscerla. Per descrivere la morte del Signore, Matteo e Marco ricorrono soprattutto al motivo del giusto ingiustamente perseguitato. Essi riprendono i motivi salmici delle suppliche dell’innocente perseguitato per dimostrare la figliolanza divina di Gesù e la sua fede radicale fin dentro la morte (Sal 22; Sap 2,12-20). Luca invece si rifà al tópos del giusto riconosciuto nella propria integrità nel momento stesso in cui gli eventi parrebbero smentirla.
Nel racconto c’è un riconoscimento paradossale della giustizia di Gesù e della menzogna degli altri attori del dramma, le cui accuse vengono, una per una, in vario modo smentite. Durante la passione giunge alla massima estensione il processo di autenticazione di Gesù sotteso al terzo vangelo e si prepara il definitivo atto con cui Dio riconosce il Figlio, risuscitandolo dai morti.
Is 53,12: una chiave per interpretare la passione lucana. Nel descrivere la passione di Gesù il terzo evangelista rinuncia a ogni forma d’interferenza narrativa o di commento intrusivo e si limita a consegnare al lettore, al termine dell’ultima Cena, le uniche parole – peculiari del terzo vangelo – in cui Gesù interpreta il proprio destino, citando esplicitamente le Scritture: «Io vi dico, deve compiersi in me questa parola della Scrittura: E fu annoverato tra gli empi. Infatti, tutto quello che mi riguarda volge al suo termine» (Lc 22,37).
Citando l’epilogo del quarto canto del Servo (Is 53,12), Gesù offre ai suoi discepoli e al lettore una chiave per interpretare gli avvenimenti che stanno per abbattersi su di lui: egli sarà trattato al pari di un malfattore. Preannunciando per mezzo delle Scritture questa identificazione paradossale, Gesù svela il meccanismo autenticativo soggiacente alla passione lucana: più lo si dichiarerà ingiustamente colpevole, tanto più emergerà la sua innocenza e la sua conformazione al Servo di Yhwh, che gode della predilezione divina. Proviamo a osservare in che modo.Gesù, il giusto ingiustamente annoverato tra gli empi. Ogni vangelo ha uno specifico approccio all’evento della passione. In Luca (Lc 22,14–23,56) essa costituisce la prova suprema di Gesù: attraverso di essa è attestata la sua innocenza, in modo che tutti gli spettatori possano riconoscerla. Per descrivere la morte del Signore, Matteo e Marco ricorrono soprattutto al motivo del giusto ingiustamente perseguitato. Essi riprendono i motivi salmici delle suppliche dell’innocente perseguitato per dimostrare la figliolanza divina di Gesù e la sua fede radicale fin dentro la morte (Sal 22; Sap 2,12-20). Luca invece si rifà al tópos del giusto riconosciuto nella propria integrità nel momento stesso in cui gli eventi parrebbero smentirla.
Nel racconto c’è un riconoscimento paradossale della giustizia di Gesù e della menzogna degli altri attori del dramma, le cui accuse vengono, una per una, in vario modo smentite. Durante la passione giunge alla massima estensione il processo di autenticazione di Gesù sotteso al terzo vangelo e si prepara il definitivo atto con cui Dio riconosce il Figlio, risuscitandolo dai morti.
Isaia 53,12: una chiave per interpretare la passione lucana. Nel descrivere la passione di Gesù il terzo evangelista rinuncia a ogni forma d’interferenza narrativa o di commento intrusivo e si limita a consegnare al lettore, al termine dell’ultima Cena, le uniche parole – peculiari del terzo vangelo – in cui Gesù interpreta il proprio destino, citando esplicitamente le Scritture: «Io vi dico, deve compiersi in me questa parola della Scrittura: E fu annoverato tra gli empi. Infatti, tutto quello che mi riguarda volge al suo termine» (Lc 22,37).
Citando l’epilogo del quarto canto del Servo (Is 53,12), Gesù offre ai suoi discepoli e al lettore una chiave per interpretare gli avvenimenti che stanno per abbattersi su di lui: egli sarà trattato al pari di un malfattore. Preannunciando per mezzo delle Scritture questa identificazione paradossale, Gesù svela il meccanismo autenticativo soggiacente alla passione lucana: più lo si dichiarerà ingiustamente colpevole, tanto più emergerà la sua innocenza e la sua conformazione al Servo di Yhwh, che gode della predilezione divina. Proviamo a osservare in che modo.
(Brano estratto da: Servizio della parola)
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