don Clemente Cietto
(Testimonianza di don Bruno Meneghini)
Nato | 6 dicembre 1933 a Soligo (Treviso) |
Ordinato | 28 giugno 1959 a Vittorio Veneto |
Morto | 3 giugno 1990 ad Aprilia |
Don Clemente Cietto nasce a Soligo il 6 dicembre 1933, da una famiglia numerosa e profondamente religiosa.
Entra giovanissimo a Casa San Raffaele.
Compie tutto il percorso dei suoi studi: Medie, Ginnasio, Liceo, Teologia, frequentando il Seminario Vescovile.
Viene ordinato sacerdote nel Duomo di Sacile, insieme a un bel gruppo di compagni di scuola, il 28 giugno 1959, dall’allora vescovo di Vittorio Veneto, Mons. Albino Luciani.
Subito dopo la sua ordinazione, i superiori lo inviano ad Aprilia,( in provincia di Latina) dove, per altro, già si trovano, da poco più di un anno, altri confratelli di Casa San Raffaele, chiamati a reggere quella parrocchia in rapida espansione, situata alle porte di Roma, e nella diocesi suburbicaria di Albano Laziale.(cfr nota)
Ad Aprilia, quindi don Clemente, fresco di ordinazione, entra come collaboratore, nell’autunno del 1959, per rimanervi – con lo stacco di un anno sabbatico – fino alla sua morte.
Questa lo coglierà, per un male incurabile, ancora in giovane età e in piena attività, il 3 giugno del 1990.
In parrocchia trova altri quattro confratelli di Casa San Raffaele; con loro egli si mette al lavoro, che non manca…
Aprilia, in quegli anni, era in continua e crescente espansione. Ogni giorno sorgevano case, un po’ da per tutto, con licenza o senza licenza edilizia; era un continuo lottizzare terreni togliendoli alla agricoltura, un continuo aprire strade e vie nuove, spesso in modo molto disordinato, senza un piano regolatore, ecc… In una parola “senza regole”.
Volendo fermarci al solo campo della pastorale, per avere un’idea di che cosa era allora la parrocchia di San Michele (Aprilia), riporto un semplice dato: i battesimi che si amministravano nel corso di un anno si aggiravano attorno ai 300 e anche più!!! Senza pensare ai giovani e ai nuclei familiari che quotidianamente arrivavano da ogni parte dell’Italia in cerca di lavoro..
Sotto la guida del parroco (don Fernando Dalla Libera), si lavorava tutti in sintonia, ciascuno responsabile del proprio settore; eravamo davvero una bella equipe! Si programmavano la varie attività insieme, con incontri settimanali di una intera mattinata, con puntuali verifiche, sopra tutto in piena comunione e tanto entusiasmo. Eravamo tutti giovani… Non mancavano gli scontri, ma venivano quasi sempre ricomposti con l’aiuto di quella fraternità che ci univa, e che ci caratterizzava in quegli anni anche agli occhi del presbiterio diocesano; di noi si diceva: “Quello di Aprilia è un gruppo particolare di preti”.
Don Clemente negli anni trascorsi nella parrocchia di san Michele svolse il suo ministero in più settori, come del resto molti di noi, sacerdoti di Casa San Raffaele, che lì abbiamo dato il meglio delle nostre personalità.
Per la sensibilità e l’attenzione verso il mondo del lavoro, che lo ha accompagnato da sempre, fin da studente, ebbe molto presto l’incarico di “Assistente Acli”, dove si prodigò con tutto se stesso, donando gran parte del suo tempo ed esprimendo il meglio delle sue doti, con riunioni settimanali, incontri, dibattiti, anche con la presenza di alcune belle figure di personalità di spicco.
Credo sia giusto ricordare una sua caratteristica personale che a mio avviso lo contraddistinse sempre, fino all’ultimo: “la sua disponibilità”. Tra di noi, che lavoravamo insieme, era diventato normale, in certe circostanze dirci: “Vai da don Clemente”. E spiego il perché: con tante attività che c’erano in parrocchia, capitavano spesso degli imprevisti, – cose da fare, che erano di tutti e di nessuno – In queste occasioni, dal parroco a tutti noi, a chi si ricorreva? A don Clemente che, spostando i suoi impegni – certamente con tanta generosità e sacrificio personale! – ci rispondeva quasi sempre di sì.
Nel 1971 venne nominato parroco di Campo di Carne: una grossa frazione di Aprilia a circa cinque km dal centro città.
Anche qui don Clemente diede tutto se stesso “prima per creare una vera Comunità, e poi per farla crescere”.
Il 3 giugno 1990 – lo ricordavo già sopra – don Clemente moriva, al Policlinico Gemelli di Roma, dopo cinque lunghi mesi di dolorosa malattia vissuta con grande serenità e coraggio, con fede e con abbandono filiale al Padre del cielo, lasciando un bel ricordo in quanti lo avevano conosciuto.
Io sono tra costoro, anzi la mia è stata una vera condivisione di vita con don Clemente, prima di tutto, a Vittorio Veneto in Casa Pater, da studenti – ci divideva un anno soltanto – e poi, diventati sacerdoti, per parecchi anni nella parrocchia di Aprilia, ambedue impegnati nella pastorale di quella città..
A Vittorio Veneto, soprattutto negli anni di teologia, eravamo molto spesso uno accanto all’altro sia nei corsi di studio che si svolgevano insieme, sia anche nell’affrontare situazioni di vita che si incontravano a Casa Pater.
Le difficoltà che nascono e ti accompagnano nel corso della vita, nel momento in cui vivi insieme e condividi la tua situazione, ti portano a cercare delle “alleanze” con altri per meglio superarle.
Devo dire che in più di una occasione, don Clemente ed io, ci siamo aiutati vicendevolmente, pur riconoscendo di avere caratteri diversi.
Ad Aprilia il suo impegno – l’ho accennato anche sopra – è andato verso le aspettative del mondo operaio mentre io mi sono trovato a lavorare sul versante del mondo dei giovani.. Questo però non ci ha impedito di operare in comunione e in sintonia tra di noi.
Aggiungo un’ultima osservazione. Tra le altre attività pastorali svolte in Aprilia, mi è stato affidato il servizio pastorale della zona di Campo di Carne; e questo dall’anno 1961 fino all’anno 1970, quando subentrò don Clemente, come parroco. Rivedendo a distanza di tanto tempo – sono passati quasi quarant’anni – il lavoro che la provvidenza ha voluto svolgessimo, forse, senza accorgerci, “la nostra spiritualità”, ricevuta negli anni di formazione ci ha accomunati nei contenuti e anche nelle modalità del nostro ministero.
Prima di stendere queste righe sulla figura di don Clemente e sul suo lavoro pastorale, ho voluto ritornare – con una certa nostalgia – a Campo di Carne… la mia e la sua parrocchia!!!
Mi sono incontrato con varie persone che hanno avuto modo di conoscerlo; ho parlato con loro di lui..
Con mia grande meraviglia e insieme con un senso di tanta gioia dentro, ho notato che pur a distanza di quasi 20 anni da che non c’è più in parrocchia, don Clemente vive ancora nel cuore di tantissime persone che lo hanno conosciuto e lo hanno saputo apprezzare per la sua “grande” personalità di uomo “umile, vero, sincero”.
L’immagine che rimane indelebile è il suo immedesimarsi alla gente, e il suo donarsi senza risparmio per tutti.
Ha speso, nel vero senso della parola, la sua vita per i fratelli.Mi pare di poter applicare a don Clemente ciò che la Scrittura afferma dell’uomo giusto: Egli “rimane in benedizione”.
Nota: (Allora, anni cinquanta, Albano Laziale era una delle Diocesi suburbicarie di Roma con un vescovo titolare residente a Roma, e in quegli anni era il card. Pizzardo, mentre in loco operava un vescovo, (mons. Macario), una specie di vicario generale. Come prefetto della Congregazione dei Seminari, il card. Pizzardo, su suggerimento di Pio XII, avendo scarsità di clero sia la diocesi di Romasia quelle suburbicarie, chiese alle diocesi italiane, in quel tempo ricche di preti, di venire incontro. La risposta fu di grande generosità. Ecco spiegata la presenza e il servizio pastorale in quelle diocesi di sacerdoti incardinati altrove).
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