Una comunità profetica. Di fronte a Gesù e alla sua parola si va dal riconoscimento alla sorpresa, fino all’indignazione e al rifiuto. E tuttavia le comunità cristiane di ogni tempo sono invitate ad assumersi di fronte al mondo la responsabilità profetica che è loro propria.
Commento di don Mario Albertini
Quanti milioni di persone ci sono sulla terra? Più o meno cinque mila milioni, cioè cinque miliardi. E io non sono che una semplice unità. E se penso all’universo, cosa sono? Posso ritenermi grande, importante, ma cosa sono nell’immensità dello spazio? Viene da dire: un atomo, quasi un niente. Eppure: il Signore dice: Prima di formarti nel grembo materno io ti conoscevo; prima che tu uscissi alla luce, ti avevo scelto. E sono sempre con te. Ora questo è vero non soltanto per il profeta Geremia, come abbiamo sentito nella prima lettura, ma è vero per me e per ciascuno di voi.
Tutta la rivelazione mi assicura che Dio, nella sua infinita sapienza e potenza e bontà, mi conosce e mi vuole bene. Gesù ci ha insegnato a chiamarlo Padre Nostro perché è Padre nostro. Ci conosce e ci vuole bene da sempre, ci vuole bene non perché ce lo meritiamo, ma perché lui è l’Amore – e per questo mi dice: Io sono sempre è con te.
Però la finale della pagina del vangelo sembra dire che non è sempre così: Gesù, passando tra i suoi compaesani ostili, se ne andò, si allontanò.
Questo vuol dire che Dio può allontanarsi, andarsene. Anzi no: Lui non se ne va, non si allontana, Lui è sempre vicino, è sempre con noi – ma può succedere che noi gli voltiamo le spalle e non lo vogliamo vicino.
All’inizio della pagina del vangelo è detto che i suoi compaesani erano meravigliati delle parole di Gesù, parole di grazia – eppure poco dopo lo cacciano dal 42
paese, e addirittura lo vorrebbero gettare in un burrone. E’ una strana contraddizione, ma che nei confronti di Gesù si verificò spesso, come quando la gente lo accolse trionfalmente per le vie di Gerusalemme, il giorno delle Palme, e cinque giorni dopo, il venerdì, chiese a gran voce la sua condanna a morte. Prima gridano osanna, poi gridano, crocifiggilo!
E’ una contraddizione che si verifica attraverso la storia, e che può verificarsi anche in noi: noi ammiriamo la parola di Gesù, ammiriamo Gesù, ma forse lo teniamo fuori dalla nostra vita. In chiesa sì, siamo con lui, ma poi forse lo dimentichiamo. La contraddizione, se c’è, è in noi.
Come eliminarla? Qui ci viene in aiuto la seconda lettura, una pagina che viene definita l’elogio della carità, molto bella, che vi consiglio di rileggere con calma.
Sono indicate le caratteristiche della vera carità fraterna, caratteristiche molto concrete: portare pazienza, essere benevoli nel giudicare gli altri, non coltivare l’invidia, sopportare… Questa carità non è un semplice sentimento, e non consiste soltanto in gesti di aiuto al prossimo, ma è accogliere l’amore che ci viene da Dio e farlo passare agli altri attraverso la nostra vita.
Tutto finirà, ma rimarranno tre cose: la fede, la speranza e la carità, cioè le tre virtù che ci mettono in contatto con Dio: fede in lui, speranza verso di lui, amore a lui. La più grande è la carità, cioè è l’amore a Dio che ingloba anche l’amore ai famigliari, l’amore al prossimo, ogni amore pulito. E questo rimane per l’eternità.
Sì, il Signore è con ognuno di noi; adesso e sempre
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