Una delle battaglie da fare, oggi, è quella che ribadisce la centralità della domenica, libera dal lavoro. “E’ una questione che non riguarda solo i credenti, ma interessa tutti, come scelta etica”: così impostava il problema, già 4 anni fa, papa Francesco, nella sua visita pastorale al Molise, il 5 luglio 2014. E proseguiva, rivolgendosi ai giovani: “La domanda è: a chi vogliamo dare priorità? La domenica libera dal lavoro – eccettuati i servizi necessari – sta ad affermare che la priorità non è all’economico, ma all’umano, al gratuito, alle relazioni non commerciali ma famigliari, amicali, per i credenti, alla relazione con Dio e con le comunità”. Concludeva, poi, con una domanda che attraversa l’attuale vivace dibattito: “Forse è giunto il momento di domandarsi se quella di lavorare alla domenica è una vera libertà!”
La battaglia sulla domenica libera dal lavoro va impostata a partire da tre punti fermi: la dignità della persona; la valorizzazione dei “borghi” interni; l’unità della famiglia e la sua crescita armoniosa. Anche Dio scelse il riposo, come sta scritto in Genesi: “Il settimo giorno si riposò”. Un riposo che però non è ozio, bensì saper dare pienezza a quello che si è vissuto. E’ il godere delle cose che facciamo.
E’ il momento in cui dire: “Che bello!”, guardandosi attorno. E’ gioire dei bambini, che riempiono di domande, che chiedono un tempo per le carezze, che parlano con calma dei loro sogni. E’ in definitiva, un tempo che consente di “andare oltre”. E intravedere, oltre la “siepe”, quello spazio di infinito, “l’immensità nella quale si annega il pensier mio”, come ben sottolineano le perenni parole del Leopardi. Senza riposo non si può vivere. Come non si può vivere senza gratuità, senza baci, senza sogni! “Che facciamo domenica? Dove andiamo?”. Di certo, da cristiani, non andremo nei centri commerciali! Hanno infatti depradato i nostri piccoli paesini interni. Li hanno spogliati di lavoro, di dignità, di identità.
Questi sono i posti di lavoro realmente persi, già da quel novembre 2011, quando fu liberalizzato, con un provvedimento miope, l’intero comparto commerciale. Infatti, così si è reso forte chi già era forte. E si è indebolito il piccolo commercio sottocasa, fatto di quei simpatici negozietti che danno attenzione, ci “servono”, perché in essi ritroviamo il sorriso e la prossimità! Forse spendiamo un po’ di più, è vero, ma ci guadagniamo in qualità e quantità. Perché, per esempio, impariamo a cucinare quanto realmente ci basta! Non si tratta di romantica nostalgia dei tempi andati. No. E’ saggezza, perché potremo tornare a rivivere davvero la domenica, magari sulle Alpi, o al lago. Oppure, visitando un castello. Fermandosi al ristorantino lungo il percorso, nel quale mangiare “cose di casa”. Questo è sviluppo di un’economia alternativa, a “chilometro zero”, umile ma diffusivo. In questa battaglia è in gioco la famiglia. Perché la sosta domenicale “costruisce la casa”, dona tempo per i figli, che così possono crescere in gioia e gratuità. Ecco perché, già nel 321, l’imperatore Costantino fece n gesto rivoluzionario quando dichiarò la domenica “giorno libero dai lavori servili”. Cambiò il mondo, permettendo alla fede cristiana di diventare modello di socialità alternativa. Pose dei limiti. Quei limiti che fanno crescere, poiché con il denaro non si può tutto: ci sono tempi e cose che non si possono comprare, ma solo avere in dono. E allora, se è rispettata la domenica, sarà rispettato anche il salario del più giovane, sarà difeso il creato nella sua fragilità. Sarà visitato l’anziano nella casa d riposo. Sarà più gioiosa la messa festiva. Questo è il sogno di Dio. E ogni domenica, libera dal lavoro “servile”, ne sarà il segno, in un intreccio mirabile: sogno e segno, perché l’uomo abbia dignità, il creato sia custodito, la famiglia cresca armoniosa. Tutto in gratuità piena e felice.
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