L’Avvento smentisce questa incapacità dell’uomo contemporaneo poiché è il tempo in cui grandi e piccoli sono sollecitati a risvegliare il gusto dell’attesa, in cui tutti possono ridestare l’attitudine ad ad-tendere (“tendere verso”) Qualcuno che, solo, può realizzare appieno la piccola storia di ogni uomo, in cui ognuno è invitato a coltivare la sapienza per stare nei frammenti e nell’incompletezza della storia umana, non perché è qui la nostra città definitiva, ma perché nel limite è già possibile intravedere lo splendore di ciò che il Signore prepara per i servi che lo attendono con la cintura ai fianchi e le lampade accese.
Tale attesa si condensa, nel periodo dell’Avvento, soprattutto nella tradizione profetica, incarnata particolarmente dalle figure di Isaia e di Giovanni Battista. Il linguaggio profetico, infatti, risplende per due caratteristiche essenziali, tipiche dell’oracolo: la veridicità e il coraggio. Giovanni, come Isaia, pagano quanto pre-dicano, nel senso che non hanno paura neppure ad attaccare i potenti del tempo e a contestare il loro comportamento. La profezia, nella varietà dei suoi codici di espressione, risulta oltremodo trasparente: è, questa, una caratteristica che si amerebbe vedere ancora presente nelle persone, qualunque mansione svolgano, nella Chiesa come nella società, in quanto è indice sicuro di credibilità. Non importa se quanto si prospetta troverà o meno immediata attuazione. Non si riesce mai a focalizzare bene quello che è fattibile e quello che non lo è; ciò che va realizzato e ciò che invece è pura promessa senza alcuna garanzia di concretezza. Ecco perché la profezia si riversa nella Liturgia, come nel suo ambiente più naturale.
La celebrazione “possiede per sua natura varietà di registri di comunicazione che le consentono di mirare al coinvolgimento di tutto l’essere umano. La semplicità dei gesti e la sobrietà dei segni posti nell’ordine e nei tempi previsti comunicano e coinvolgono”. Questo coinvolgimento diventa irrinunciabile ai fini della profezia. Infatti questa promana dalla persona e dalle sue esperienze, non è un semplice discorso verbale, che lascia il tempo che trova. Giovanni Battista, in particolare, viene ammirato e additato da Cristo come esemplare, proprio per la sua coerenza di vita. E oggi dove questa è constatabile tra le molteplici personalità di rilievo, sia del mondo “laico” come di quello cattolico, nella quali le trasgressioni non si contano più?
L’esperienza del vegliare. L’esperienza del vegliare è tipica del’Avvento. Nell’esperienza religiosa il vegliare è trasgredire il normale rapporto tra giorno e notte, che prevede l’azione di giorno e il riposo e l’inazione di notte, per cui si veglia anche quando si potrebbe dormire. Nella linea della più pura gratuità, oltre il senso del dovere, la veglia in attesa di Qualcuno di più grande attesta che la vita trova la sua radice e il suo senso in ciò o in Colui che si attende, in un sovrappiù che non è figlio del necessario o del dovuto. Come vegliano gli amanti e i giovani o una madre per il proprio figlio malato o in ritardo, così veglia il credente perché sa che Dio può irrompere con il suo dono di salvezza da un momento all’altro. In questo contesto va riletta l’incertezza, a dir poco “assoluta”, che serpeggia ad ogni livello, tanto economico quanto relazionale. Anche un’istituzione granitica, com’è la famiglia nella visione cristiana è obbligata a fare i conti con un’infinità di sorprese. L’atteggiamento della vigilanza, allora, espresso nella lampada accesa, vorrebbe dare la “certezza” di una vita all’insegna della stabilità con il riferimento alla persona di Cristo. E’ questa, infatti, che dà fondamento sicuro all’unione matrimoniale e aiuta le presone, a consolidarsi nella fiducia, frutto della vicinanza del Signore, garantita dal Natale. E’ in lui che vanno superate le paure, anche quella della morte, trasfondendo nell’esistenza il coraggio della speranza, come hanno ribadito i vescovi italiani: “La speranza di cui siamo testimoni è la persona stessa del Signore Gesù, il suo essere in mezzo a noi per sempre, la sua promessa di quel mondo nuovo ed eterno, nel quale saranno vinti il dolore, la violenza e la morte, e il creato risplenderà nella sua straordinaria bellezza. Forse anche la nostra prassi liturgica, per quanto riguarda l’Avvento, attende una nuova capacità di vivere il tempo dove il vegliare sia abitudine al tempo nuovo, attesa e preparazione al ritorno di colui che abbiamo già conosciuto come Salvatore e liberatore. Allora, vegliare sarà tempo prezioso nel quale renderci responsabili dei fratelli e attendere da Dio la cura che non ha fine nei nostri confronti.
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