(Di Giovanni Lazzara) – Dio chiama tutti i cristiani a essere santi. Ma “santi”, come? Non statue di santi in plastica, ma persone reali che trovano tempo per la preghiera e che mostrano amorevole cura per gli altri nei gesti più semplici e quotidiani. Lo spiega papa Francesco nel suo recente documento dedicato alla “santità”, l’Esortazione apostolica Gaudete et Exsultate. Scrive: “Non avere paura della santità. Non ti toglierà forze, vita e gioia. Tutto il contrario… non avere paura di puntare più in alto, di lasciarti amare e liberare da Dio. Non avere paura di lasciarti amare e liberare da Dio. Non avere paura di lasciarti guidare dallo Spirito Santo. La santità non ti rende meno umano, perché è l’incontro della tua debolezza con la forza della grazia”.
Il tono incoraggiante dell’appello, della chiamata percorre tutto il nuovo documento. Francesco usa spesso il “tu”, la seconda persona, proprio per rivolgersi direttamente alla persona che lo legge. Tra gli aspetti che mi hanno colpito, scorrendo il testo del Santo Padre, vorrei sottolinearne un paio. Anzitutto la proposta della santità come una strada da percorrere, piuttosto che come un modello da ammirare. Poi, il richiamo alla gioia, che dovrebbe contraddistinguere l’essere cristiani. Circa il primo aspetto, quando pensiamo ai santi, “non pensiamo solo a quelli già beatificati o canonizzati” afferma il Papa. “Lo Spirito Santo riversa santità dappertutto nel santo popolo fedele di Dio… nei genitori che crescono con tanto amore i loro figli, negli uomini e nelle donne che lavorano per portare il pane a casa, nei malati, nelle religiose anziane che continuano a sorridere. In questa costanza per andare avanti giorno dopo giorno vedo la santità della Chiesa militante. Questa è tante volte la santità “della porta accanto”, di quelli che vivono vicino a noi e sono un riflesso della presenza di Dio”.
Già all’udienza generale del 19.11.2014 papa Francesco aveva spiegato che la santità “è un dono che viene offerto a tutti, nessuno escluso, per cui costituisce il carattere distintivo di ogni cristiano”.
E per essere santi, “non bisogna per forza essere vescovi, preti o religiosi” o per chi ha la possibilità di “staccarsi dalle faccende ordinarie, per dedicarsi esclusivamente alla preghiera”. E’ proprio vivendo con amore e offrendo la propria testimonianza cristiana nelle occupazioni di ogni giorno, secondo lo spirito delle Beatitudini, che siamo chiamati a diventare santi. Ciascuno nelle condizioni e nello stato di vita in cui si trova. E, quasi a spingere a passare dalla consapevolezza all’azione, il Papa lanciava una serie di provocazioni: “Tu sei consacrato? Sii santo vivendo con gioia la tua donazione e il tuo ministero. Sei sposato? Sii santo amando e prendendoti cura di tuo marito o di tua moglie, come Cristo ha fatto con la Chiesa. Sei un battezzato non sposato? Sii santo compiendo con onestà e competenza il tuo lavoro e offrendo del tempo al servizio dei fratelli”.
Il richiamo alla “gioia” è un altro aspetto saliente della Gaudete et Exsultate, che poi rimanda sia a Evangelii Gaudium sia ad Amoris Laetitia, come pure alla Gaudete in Domino, bellissima Esortazione apostolica di Paolo VI.
Francesco parla della gioia come una delle “caratteristiche della santità nel mondo attuale”. In particolare, a fronte del clima di negatività e la tristezza che respiriamo, la gioia cristiana, che nasce dall’incontro con Cristo, è “una sicurezza interiore, una serenità piena di speranza che offre una soddisfazione spirituale incomprensibile secondo i criteri mondani. Il cristiano, “…. Illumina gli altri con lo spirito positivo e ricco di speranza”
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