Ott 272018
 

don-egidio01Omelia di don Egidio Menon alla celebrazione eucaristica

“Sono frumento di Dio: macinato dai denti delle fiere, diventerò pane puro di Cristo”. Tutti conosciamo la frase con cui S. Ignazio paragona la fine della sua vita con la fine del chicco di grano.

Gesù invece ci invita a riflettere sul chicco di grano al suo inizio, quando viene gettato in terra. Là, nel silenzio, nell’abbraccio della terra, esso si trasforma, sviluppa la potenza vitale che ha in sé, raggiunge il suo completo sviluppo, che noi vediamo nella spiga. P. Rossetto ci invita a guardare proprio a questo quando scrive per noi preti: “Divenire frumento non paglia, frumento per l’unione dei chicchi in una sola spiga”. (Frumento, 81)

Grano di frumento in vista dell’unione di molti grani.

Vorrei, allora, che in questa festa del nostro Patrono noi riflettessimo un istante su quell’unità cui siamo chiamati, come figli di un unico Padre, come fratelli, e Sorelle, in una sola Famiglia. Vorrei che raccogliessimo l’invito di P. Rossetto: “Tutti assieme, come una Famiglia; che se così viene chiamata ogni Comunità Religiosa, di noi si deve dire in una maniera specialissima che siamo Famiglia, “la Famiglia di Dio”, la Famiglia dei Figli di Dio”. (Frum.143)

Riflettiamo sulla nostra vocazione all’unità ritornando a quanto ci ha detto S. Paolo nel brano della Lettera ai Filippesi, che è tutta un’effusione del suo cuore di padre ed un appello vibrante all’unità. L’apostolo ci dice che “la nostra cittadinanza è nei cieli”. Quindi è guardando avanti che troviamo la forza di vivere uniti giorno per giorno.

Unità nel presente come segno di quello che saremo, in maniera molto più perfetta, nell’abbraccio del Padre.

Anche S. Ignazio ci invita a riflettere su questa nostra vocazione all’unità. Scrivendo agli Efesini, ripete anche a noi: “Voi siete pietre del tempio del Padre preparate per la costruzione di Dio Padre, elevate con l’argano di Gesù Cristo che è la croce, usando come corda lo Spirito Santo. La fede è la vostra leva e la carità la strada che vi conduce a Dio. … È meglio tacere ed essere, che dire e non essere”. (Efesini 9.15) –

Ed in maniera molto più viva scrive alla comunità di Tralli: “Fuggite questi cattivi polloni che portano un frutto di morte, e se uno lo assaggia muore all’istante. Essi non appartengono alla pianta del Padre.   Se lo fossero apparirebbero come rami della croce e il loro frutto sarebbe incorruttibile. Con la croce nella sua passione il Signore vi chiama, essendo voi sue membra. Il capo non può nascere, separatamente, senza le membra poiché Dio ci ha promesso l’unità, che è egli stesso”.     (Tralli,   11,1.2)

Pietre vive del tempio del Padre, piante del Padre, rami della croce, Cristo stesso come unità: quanti bei motivi abbiamo per vivere uniti, figli di un unico Padre, Fratelli e Sorelle nella sua Famiglia.

E noi abbiamo uno strumento semplicissimo per ricordarci ed esortarci a vivere tutto questo: il saluto che siamo invitati a scambiarci fraternamente: Pater, fiat!  

  1. Rossetto ce lo spiega: Pater Fiat!  In questo è detto tutto senza altre formule di consacrazione, e a noi l’ha dettata il vero Figlio di Dio!  Egli l’ha poi ripetuta per sé nell’Orto ed eseguita fino alla croce, e la perpetua nell’Eucaristia; e l’ha intonata la prima Figlia di Dio, la Vergine Madre nostra Maria”.  (LT, settembre 1920) Salutandoci così, con semplicità ed in vera fraternità, ci aiuteremo, continua P. Rossetto, a “fare insieme la volontà del Padre nostro, servendo: chi da piede, chi da mano, chi da cuore, chi da occhio. Purchè il Padre nostro trovi in noi la sua compiacenza”.  (Meditazione 1925)
  2. Ignazio ci aiuti a vivere uniti, per la gioia del Padre. Pater, fiat!

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