Set 082018
 

donmarioalbertiniIl vangelo racconta la guarigione di un sordomuto: l’incontro con Gesù è descritto nella sua vitale concretezza di gesti fisici, come «imporgli la mano», «porre le dita negli orecchi», «toccare con la saliva la lingua». Sono gesti di liberazione, che generano una meravigliosa “apertura” di colui che viene guarito e lo rendono pieno di gioia e capace di lode.

Commento di don Mario Albertini

Di fronte al miracolo compiuto da Gesù, spontanea è l’esclamazione della gente: “Ha fatto bene ogni cosa!”.  Questa esclamazione mi ha fatto ricordare che a conclusione del racconto della creazione la Bibbia dice: “Dio vide quanto aveva fatto, ed ecco era cosa molto buona” (Gen 1,31).

Possiamo mettere vicine le due frasi, e farle nostre in un atto di fede nella divinità di Gesù: chi compie le guarigioni di cui parla il vangelo, è lo stesso che ha creato l’universo.

Ripensiamo alla guarigione del sordomuto: è raccontata con molti particolari, e l’evangelista sembra quasi voler richiamare l’attenzione, sì sul risultato miracoloso, ma anche sui gesti compiuti da Gesù: gli tocca gli orecchi e le labbra, sospira guardando il cielo, cioè prega, e infine ordina: “Apriti!”.

Questo miracolo è un simbolo di quello che Gesù ha compiuto anche in noi. Quando abbiamo ricevuto il Battesimo, il sacerdote ha ripetuto su di noi proprio i gesti di Gesù: ha toccato le nostre orecchie e le nostre labbra, ha detto la parola “effatà” cioè apriti, e poi ha detto questa preghiera breve come un sospiro: “Il Signore Gesù, che fece udire i sordi e parlare i muti, ti conceda di ascoltare la sua parola e di professare la tua fede”.

Sì. il Battesimo ci ha dato la capacità di dialogare con Dio, ascoltarlo e parlargli.

Ma questa capacità di dialogare con il Signore noi la esercitiamo, o siamo ridiventati sordomuti nei suoi confronti? Sappiamo che ci sono gli analfabeti di ritorno, quelli cioè che hanno imparato da piccoli a leggere e a scrivere ma poi, per mancanza di esercizio, l’hanno dimenticato. Ebbene, ci possono essere anche i sordomuti di ritorno, in senso spirituale. Forse lo siamo pure noi, un po’ sordi e un po’ muti, anche se – speriamo! – soltanto un po’. E’ così se non usiamo l’udito interiore per ascoltare Dio, se non adoperiamo la voce interiore per lodarlo con fede per noi e per ogni creatura.

Voce interiore, che però sa anche esprimersi all’esterno, nella preghiera comunitaria, perché nelle nostre assemblee non dobbiamo essere dei presenti passivi, che sembrano vergognarsi anche di dire “amen!”, di unire la propria voce a quella degli altri nel ringraziare il Signore. In quella guarigione Gesù disse: “Apriti!”; questo comando raggiunge anche il nostro cuore, che troppo spesso chiudiamo ripiegandoci su noi stessi invece di spalancarlo a Dio e ai fratelli.

Se è vero, ed è vero, che pure verso di noi Dio ha fatto e continua a fare bene tutte le cose, vogliamo rispondere facendo anche noi un po’ di bene attorno a noi.

 

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