«Finché durerà la terra, seme e mèsse, freddo e caldo, estate e inverno, giorno e notte, non cesseranno» (Gen. 8, 22). Con queste parole la Scrittura indica nell’alternanza dei tempi e delle stagioni un segno di quella stabilità del reale, che è garantita dalla fedeltà di Dio. Il successivo capitolo di Genesi simboleggerà tale realtà con l’arcobaleno: «Dio disse: ‘Questo è il segno dell’alleanza, che io pongo tra me e voi e ogni essere vivente che è con voi, per tutte le generazioni future’» (Gen. 9, 12). L’arco nel cielo richiama il dono della terra come spazio abitabile: Dio promette un futuro in cui l’umanità e gli altri viventi possano fiorire nella pace.
Contro la rassegnazione
Oggi, però, ci sentiamo talvolta come se tale alleanza fosse intaccata: sempre più spesso la nostra terra – città, paesi, campagne – è devastata da fenomeni atmosferici di portata largamente superiore a ciò che eravamo abituati a considerare normale. Anche gli ultimi mesi hanno visto diverse aree del paese sconvolte da eventi metereologici estremi, che hanno spezzato vite e famiglie, comunità e culture – e le prime vittime sono spesso i poveri e le persone più fragili. Le stesse storie narrate da tanti migranti, che giungono nel nostro paese chiedendo accoglienza, parlano di fenomeni inediti che colpiscono – in modo spesso anche più drammatico – aree molto distanti del pianeta. Né il cambiamento climatico è l’unica minaccia legata alla crisi socio-ambientale: si pensi all’inquinamento diffuso ed ai drammi che talvolta esso porta con sé.
Così talvolta si fa strada un senso di impotenza e di disperazione, come fossimo di fronte ad un degrado inevitabile della nostra terra. Papa Francesco nell’Enciclica Laudato Si’ invita però a non cedere alla rassegnazione. Proprio quei nn. 23-26, che testimoniano della gravità del mutamento climatico in atto, mettendo in guardia contro forme di negazionismo antiscientifico, evidenziano anche come esso sia legato in gran parte a comportamenti umani, che possiamo modificare. Il II capitolo della stessa Enciclica sottolinea, d’altra parte come quel mondo creato, che ci è dato come dono buono, sia anche affidato alla cura delle nostre mani, per custodirne l’abitabilità preziosa. E c’è negli esseri umani «una capacità di reagire, che Dio continua ad incoraggiare dal profondo dei nostri cuori» (Enciclica Laudato Si’, n.205).
Operare in forme attive e lungimiranti
Ecco, allora, che lo sguardo preoccupato per la devastazione del territorio a seguito del riscaldamento globale dovrà farsi attiva opera di prevenzione. Si tratterà, da un lato, di proteggere città e campagne con serie misure di adattamento, in grado di favorire la resilienza di fronte ad eventi estremi. Si tratterà, però, soprattutto, di promuovere un’azione di mitigazione, che contribuisca a contenere i fattori che li determinano. Particolare rilievo avrà in tal senso la Conferenza internazionale COP 24, che si terrà a Katowicze in Polonia nel dicembre 2018: l’occasione per ripensare ed approfondire le iniziative contro il mutamento climatico avviate tre anni fa dalla precedente COP 21 svoltasi a Parigi. Sarà importante che l’Italia svolga un ruolo attivo e lungimirante in tale contesto, proponendo impegni realistici ed ambiziosi per l’azione della comunità internazionale. Il criterio sarà quello di un bene comune inteso in prospettiva ampia, ad includere le generazioni future e tutte le creature.
Nella stessa direzione – della costruzione di una società decarbonizzata – dovranno pure andare scelte efficaci da parte del nostro paese nel campo della politica e dell’economia ambientale. Sarà così possibile collegare la promozione di un lavoro dignitoso con una attenzione forte per l’ambiente, riprendendo ed approfondendo le indicazioni della Settimana Sociale svoltasi a Cagliari nel 2017. La vocazione umana a coltivare la terra non può che andare di pari passo con quella a custodirla.
Una prospettiva pastorale
Ma la sfida non interessa solo l’economia e la politica: c’è anche una prospettiva pastorale da ritrovare, nella presa in carico solidale delle fragilità ambientali di fronte agli impatti del mutamento, in una prospettiva di cura integrale. Occorre ritrovare il legame tra la cura dei territori e quella del popolo, anche per orientare a nuovi stili di vita e di consumo responsabile, così come a scelte lungimiranti da parte delle comunità. Molte le iniziative prese in tal senso da diocesi ed associazioni; si pensi alla rilevanza della campagna per il disinvestimento da fonti energetiche non rinnovabili o alle molte altre indicazioni per vivere in forma comunitaria la conversione ecologica (Laudato Si’, n.217). Ma c’è anche una prospettiva spirituale da coltivare: papa Francesco ricorda che «la pace interiore delle persone è molto legata alla cura dell’ecologia e al bene comune, perché, autenticamente vissuta, si riflette in uno stile di vita equilibrato unito a una capacità di stupore che conduce alla profondità della vita» (Laudato Si’, n.225). Ed occorre anche dar fondamento a tale attenzione, inserendola sistematicamente nei corsi di formazione per tutti coloro che esercitano responsabilità nella comunità ecclesiale.
In orizzonte ecumenico
È una sfida che le chiese cristiane stanno imparando ad affrontare assieme, riscoprendo in orizzonte ecumenico l’impegno comune per la cura della creazione di Dio. La celebrazione condivisa del Tempo del Creato è anche un segno importante nel cammino verso la comunione tra le chiese: ne ha dato una testimonianza importante il messaggio inviato nel 2017 da papa Francesco col Patriarca ecumenico Bartolomeo I di Costantinopoli. È importante operare assieme, perché possiamo tornare ad abitare la terra nel segno dell’arcobaleno, illuminati dal «Vangelo della creazione».
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