Ago 182018
 

Fotosearch_k0796399Il pane disceso dal cielo. Fare nostro il pane disceso dal cielo: il banchetto-simbolo dell’eucaristia introduce il cristiano nella comunione con Dio, una comunione reale che diventa garanzia di vita piena di senso e di speranza, poiché posta nell’orizzonte della risurrezione per la vita eterna.

Commento di don Mario Albertini

“Abbandonate la stoltezza e vivrete, andate diritti per la via dell’intelligenza” è detto alla fine della prima lettura; e all’inizio della seconda: “comportatevi non da stolti ma da uomini saggi”. Meritano la nostra attenzione queste esortazioni, anzitutto perché l’invito a usare l’intelligenza non è mai fuori luogo. Noi siamo convinti di essere intelligenti, e più o meno lo siamo tutti, ma non sempre la usiamo questa nostra intelligenza, e spesso ci lasciamo guidare dalla passione, dalla propaganda o da chi grida più forte… E invece bisogna avere il coraggio di usare l’intelligenza, che nel brano che abbiamo ascoltato è messo in rapporto con la vita: “abbandonate la stoltezza e vivrete”.

A parlare, nella prima lettura, è la Sapienza divina, che viene presentata come una persona, la quale invita a un banchetto: “mangiate il mio pane, bevete il vino che io ho preparato”. E’ facile capire che si tratta della Parola di Dio di cui siamo invitati a nutrirci per vivere spiritualmente, e in questo sta la via dell’intelligenza.

E nel vangelo abbiamo sentito Gesù che parla di un altro cibo e di un’altra bevanda: “Il pane che io darò è la mia carne … La mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda”. Queste parole suonavano misteriose agli ascoltatori di allora, e anche se noi sappiamo che si tratta dell’Eucaristia, che è Gesù che si fa nostro cibo, rimane anche per noi un mistero – e allora c’è l’invito a superare l’intelligenza. Non a negarla, ma a superarla nella fede, metterla a servizio della fede, che accetta anche quanto non comprende perché noi crediamo alla parola del Signore. Se siamo qui ora, è perché crediamo a Gesù.

E anche Gesù mette in rapporto questa fede, e il cibarsi di lui, con la vita. Lo ripete con insistenza: “se uno mangia di questo pane vivrà in eterno – chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna – chi mangia di me vivrà per me – chi mangia questo pane vivrà in eterno”. E in tante altre pagine del vangelo Gesù si presenta come colui che può dare la vita perché lui stesso è la vita: “Io sono la risurrezione e la vita – Io sono la via la verità e la vita” dice in altre occasioni.

La vita di cui Gesù parla vale infinitamente di più di questa, perché è la vita in Dio, la vita che non avrà fine, la pienezza di vita… Ecco, accogliamo gli inviti che ci vengono dalla Parola di Dio ascoltata questa sera – gli inviti a usare in modo giusto dell’intelligenza e a rinnovare, rinforzare la fede.

In particolare a riconoscere che l’Eucaristia è Gesù fattosi nostro cibo per renderci partecipi della sua vita.

Quando mi accosto per fare la comunione, il sacerdote mi presenta la particola consacrata e dice: “il corpo del Signore” – e io rispondo “amen!”. Questo amen significa: è proprio così, qui è Gesù che viene in me e mi porta la sua vita.

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