Il pericolo dell’autosufficienza. L’uomo non si può salvare da sé. Il rischio dell’autosufficienza deriva dall’arroganza di bastare a sè stessi. A questo rischio che l’uomo moderno corre la fede cristiana contrappone la consapevolezza del limite e il bisogno di essere salvati: Gesù è salvezza da parte di Dio.
Commento di don Mario Albertini
L’esortazione alla fiducia, che ci viene fatta due volte nella seconda lettura, si può prendere come guida per l’accoglienza della Parola di Dio in questa domenica. Infatti ci insegnano ad essere fiduciosi le due brevi parabole del vangelo. Nella prima un agricoltore deve arare il terreno, seminare, ripulire dalle erbacce, insomma fare quello che spetta a lui, ma la vita e la crescita del chicco di grano non dipendono da lui; che lui vegli o che si addormenti, la forza della natura è sempre in atto. Così per noi: abbiamo dei doveri da compiere, dei risultati da raggiungere, ma sul piano spirituale è efficace anche e soprattutto l’azione di Dio, e Dio è sempre all’opera: nell’universo tutto, e nell’intimo di ciascuno.
Questa certezza dà fondamento alla nostra fiducia, la quale però è accompagnata anche dalla pazienza, dal sapere aspettare i frutti, dal saper vivere nel silenzio dell’attesa.
Un difetto molto diffuso oggi, a mio parere, è la pretesa di avere subito e magari senza fatica, anche in campo morale e spirituale. Per esempio: i giovani sposi vorrebbero trovare subito la piena concordanza, e l’accorgersi che questa non è subito totale spesso fa saltare il matrimonio; manca cioè la pazienza di una crescita graduale, di un’accettazione delle difficoltà; mancano la fiducia reciproca, e la fiducia che la grazia di Dio aiuterà a superare i momenti di crisi.
La gradualità è legge universale, ed è un riflesso della pazienza di Dio!
Nella seconda parabola, quella del piccolo seme che diventa un grande arbusto l’accento viene messo sull’interna vitalità del seme. Gesù assicura che così è per il Regno di Dio, cioè che l’annuncio del vangelo ha una sua energia interiore, tale che, pur con piccoli inizi e poveri mezzi, è capace di raggiungere i confini del mondo.
Sì, le piccole cose possono ottenere grandi risultati se fatte per Iddio, con amore.
C’è però un particolare al quale penso si possa dare importanza, e cioè in questa parabola non si parla di frutti o di spighe, ma della grande ombra dei rami, nella quale gli uccelli trovano possibilità di riposo. L’ombra in tempo di caldo estenuante non è qualcosa di superfluo, è un grande dono; essa diventa il simbolo della serenità, della pace interiore, che Gesù promette a chi accoglie il seme della sua parola, come vogliamo fare noi, “con umile fiducia e con pazienza evangelica” (dalla preghiera della Messa).
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