Due termini che sembrano tra loro inconciliabili: santità e peccato. Che invece si sfiorano, lottano e si abbracciano nel cuore, nel Credo, nella Chiesa intera, che i Padri chiamano “casta meretrix”, la peccatrice santa. Santità e peccato, contigui nell’atto di fede, mi garantiscono che il paradiso è pieno non di santi, ma di peccatori perdonati, di gente proprio come me. Non vale l’alternativa santo o peccatore. Nella Chiesa santi e peccatori, quelli dalla fede salda e i dubbiosi si tengono per mano, e i primi trascinano gli altri verso la vita. Anche il santo pecca sette volte al giorno (Pr24,16), ma se cade sette volte si rialza otto volte, compie il bene settanta volte sette (Mt 18,21). L’unica strategia alla nostra portata è ricoprire il male – che pure continuerà a mordere sulla vita e sulla storia – con sovrabbondanza di bene: la carità copre moltitudini di peccati (1Pt 4,8).
C’è nella storia, e la conosciamo bene, una comunione dei malvagi che si spalleggiano tra loro; una rete di disonesti che umilia, offende, inquina la terra. Noi la riconosciamo, ma non crediamo in essa, non le accordiamo fiducia. Sappiamo che i potenti, i forti, i ricchi dominano nel mondo, ma non crediamo in loro.
Crediamo invece nella comunione dei santi, nei buoni che fanno rete tra loro e che, senza neppure saperlo, sostengono il mondo. Crediamo nella solidarietà dei buoni, degli onesti, dei miti, dei generosi, in questo legame umile e fortissimo che si oppone alla rete dei violenti e dei disonesti. Io credo che l’umanità è comunione, credo che in ognuno c’è l’orma di ognuno, che la società e i valori si salvano insieme. Mai senza l’altro (M. de Certeau). Credo che anche il più piccolo pensiero di pace pensato nella grotta più nascosta da uno sconosciuto eremita non resta senza effetto sul mondo. Credo nella comunione: le mie braccia aperte sono appena l’inizio del cerchio che un amore più vasto compirà (M.Guidacci). Ognuno è inviato come braccia aperte alla terra, un punto lucente di un vasto cerchio d’amore, anello d’oro del tempo e dell’eterno.
La storia dell’umanità si aggrappa ai santi, agli uomini buoni, per non cadere dentro il buio della violenza: “Non devastate la terra finchè ci sono dei santi!” grida la Voce (Ap 7,3); e il Signore rassicura Abramo: “Non distruggerò Sodoma per riguardo a dieci giusti” (Gen 18,32). I giusti sono salvaguardia della storia e della creazione; i somiglianti a Dio garantiscono il futuro di tutti. La fede cristiana è fidarsi, affidarsi, fondarsi sulla loro bontà, credendo che essa è una forza storica più forte della cattiveria! Credendo che il bene è più forte del male, che la purezza è più umana della volgarità, la pace più umana della guerra. Che la vita ha senso, il suo senso è positivo, questo senso non avrà mai fine. Altrimenti perché varrebbe la pena vivere e lottare e credere?
Credo nella forza invincibile dei giusti, e la mia fede si rafforza nella comunione con chi ha più fede di me, la mia purezza nella comunione con chi ha occhi più limpidi dei miei. Qui nel tempo e poi nell’eterno.
Credo anche la remissione dei peccati, e non la considero un semplice colpo di spugna sulla lavagna dei miei errori, ma molto di più. Nel Vangelo il “perdono” è detto con un verbo di movimento (afiemi), come una forza che fa partire, l’inizio di un viaggio.
Evoca la carovana che parte al levar del sole, la nave che salpa, l’uccello che spicca il volo, la freccia che scocca. La remissione dei peccati mette sentieri nel cuore, è rivolta non tanto ai peccati di ieri, quanto ai germogli buoni che spuntano e si arrampicano nel cuore.
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