Da molti anni le parole transitano da un campo disciplinare all’altro, costituendo spesso il ponte culturale che collega le scienze “dure” e le scienze “umane”, vale a dire la chimica e la fisica da un lato, l’economia, la sociologia e la psicologia dall’altro. Alcune definizioni, tipiche del linguaggio settoriale tecnico, assumono un significato metaforico se trasposte a campi anche assai diversi. So che molti accesi sostenitori della lingua italiana originaria, i cosiddetti puristi, inorridiscono di fronte a queste contaminazioni. A me pare, invece, che proprio questi scambi siano altamente proficui, perché permettono di inserire nuova linfa al nostro vocabolario. E’ questo il caso della “resilienza”, parola che da qualche anno circola tra gli economisti gli ambientalisti, gli psicologi e che l’ex presidente degli Stati Uniti Barack Obama ha usato senza riserve nel discorso di giuramento per il secondo mandato presidenziale. Per capire meglio di cosa si tratta vale la pena dare un’occhiata ai dizionari.
Per prima cosa apprendiamo che il termine deriva dal latino “resilire” che significa letteralmente “saltare indietro”. Nel recente Dizionario delle scienze psicologiche di L. Mecacci (Zanichelli), la resilienza è la “capacità di resistere a un trauma, allo stress ecc. e di ripristinare il proprio equilibrio psicofisico”. Credo risulti chiaro come la resilienza sia, dunque, una capacità di vitale importanza nel mondo attuale in cui gli uomini sono di continuo esposti a catastrofi ambientali, economiche e sociali. Qualcuno dirà che non c’era bisogno di scomodare una parola poco conosciuta e che forse bastava il termine più usuale di “resistenza” per indicare questa capacità di far fronte alle avversità. Secondo me non è così. Resistere va bene, ma manca quel “rimbalzare” che il nostro termine sta a indicare.
Per uscire dalle difficoltà è necessario infatti un passo ulteriore. Proprio quel “saltare indietro” che la parola latina indica, quella forza che fa in modo di non lasciarsi annientare, riuscendo magari a ritrovare lo stato di equilibrio perduto.
E’ un concetto che attraversa, molte discipline e interessa politica, economisti, ambientalisti e tutti coloro a cui competono l’organizzazione e la difesa della vita associata. Per gli psicologi si tratta di un termine che riassume assai bene una delle capacità che vanno maggiormente sviluppate e potenziate. Si tratta di prendere coscienza delle condizioni avverse che ci si presentano, ma di non lasciarsene travolgere, cercando e inventando nuove soluzioni. Questi processi vengono studiati da quella che viene chiamata “psicologia positiva”. Essa si rivolge, in particolare, ai soggetti nel corso del loro sviluppo. Quanti giovani, per esempio, rinunciano agli studi di fronte alle prime difficoltà, rifugiandosi nell’inerzia e in attività di scarso significato? Bisogna far loro capire che possono “rimbalzare”, approfittando addirittura dell’insuccesso per prendere coscienza delle proprie altre competenze. Spetta però alla famiglia e alla scuola non lasciarli soli in un percorso di recupero a volte difficile e travagliato. Un discorso analogo vale anche per i vecchi. Pure loro possono rimbalzare di fronte alle limitazioni che l’età inevitabilmente comporta. Come? Recuperando interessi sopiti, relazioni sociali trascurate, facendo leva sui valori che li hanno accompagnati nella vita.
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