Maggio è come un calice che trabocca. E’ il mese che cosparge di profumo il mondo, che prorompe di sole sulle sue valli finalmente germogliate. Come quelle che ho potuto gustare di recente durante il mio pellegrinaggio a Fatima. In quel luogo si è come “trapassati” da gemiti di luce rassicurante, specie nella visita al museo, dove, incastonata nella corona della statua della regina Maria Immacolata, è conservata la famosa pallottola che aveva tentato di uccidere papa Giovanni Paolo II, proprio il 13 maggio del 1981, festa, appunto, a Fatima. Lo sguardo costante a Maria si fa, in maggio, sempre più gravido di gratitudine verso il suo materno accompagnarci. E la concretezza della fede ci è offerta dal Magnificat, che contiene tutta la spiritualità della Vergine Maria. Segna, in fondo, i cinque gradini della salita a Dio: l’ascolto, l’umiltà, lo stupore, la progressiva presa di coscienza del suo disegno d’amore, la lode. Che cosa sarebbe il mondo se mancasse chi canta le meraviglie del Padre?
Il Magnificat è un vero itinerario verso orizzonti di comunione, di raduno attorno alla bellezza creata da Dio per gli uomini di ogni generazione. Con la forza dei versi, Maria di Nazareth ci racconta quanto è necessario avere con Dio un rapporto personale, quotidiano, reale. Nella preghiera avviene sempre un incontro. Quello col mistero, poi, si fa rivelazione, volto, risposta! Il Magnificat è l’inno di benedizione di chi dimora nella casa del Signore, di chi, come Maria, profuma di chiamata e vive la propria esistenza come una traversata festosa dove il cielo fa da complice dolce verso la patria del “sì”. Sulle note di questo Dio che ama farsi toccare, che s’incarna nell’umano sentire, come non ricordare la parole di Terenzio, il poeta e commediografo del II secolo a.C.: Homo sum, humani nihil a me alienum puto (“Sono un uomo, e nulla di ciò che è umano mi è estraneo”). Maria diventa così la grande raccoglitrice di questa spiga dell’umano baciato dal divino. Dove regna l’attenzione verso ogni cosa. Sguardo che si china e, insieme, sempre più s’innalza. Rimasta come intrappolata nella tenerezza di queste braccia di Dio che l’hanno scelta da sempre. Il Papa ha condensato nella sua terza esortazione apostolica, Gaudete et exsultate, proprio questo cantico di santità, che si è fatto, in Maria, felice destino di radici in cielo. Un conforto sublime, un paradigma solido che ci spinge a guardare con coraggio e fiducia al trono rovesciato dei potenti che credevano di aver vinto, di avere in mano le chiavi della vittoria sullo scacchiere di Dio! E rimasero precipitati, confinati laddove ritenevano di gettare gli altri che non hanno riconosciuto come fratelli. Ciò che Dio esige è solo questo: ricomporre in noi il cielo e la terra, e la fede alle opere, per essere in mezzo al mondo le sue mani di conforto, di soccorso, di benedizione per tutti, mai nessuno escluso! Magnificando il suo nome come Padre di tutte le creature, anche di coloro che ancora lo rigettano dalle proprie vite. Ma nella giustizia primeggia la sua salvezza su ogni decadenza morale, economica, culturale, quando le frontiere si sbarrano contro la dignità del prossimo. Questo significa essere santi oggi! Diciamolo con la vita: com’è bello seguirti, Signore Risorto! Perché tu esalti il povero, i tuoi figli calpestati dalla cecità di un mondo che ancora non ha capito né accolto il tuo amore. Con Maria abbiamo imparato a celebrare ogni giorno come il giorno della tua entrata nella storia. Perché tu vieni, e vieni sempre per liberare e riscattare il tuo popolo.
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