Apr 212018
 

donmarioalbertiniNel nome di Gesù abbiamo salvezza. Nell’offerta della sua vita Gesù si rivela come il “pastore buono” che guida e non abbandona coloro che il Padre gli ha affidato. Anche a noi è rivolto l’invito a non vivere da mercenari, ma a collaborare con lui nel prenderci responsabilità per coloro che Dio pone sulla nostra strada.

La seconda lettura della Messa si apre con la straordinaria affermazione, tante volte sentita ma sempre stupefacente, che in forza del “grande amore che ci ha dato il Padre” noi siamo “chiamati figli di Dio, e lo siamo realmente!” Sì, nonostante tutto, sono figlio di Dio e lui, Dio, pensa proprio a me e mi vuole bene, perché gli sono figlio.

E’ un’affermazione che sembra paradossale, ma dentro di noi ha una risonanza profonda, corrisponde alla nostra aspirazione di una vita aperta al bene e all’eterno e quindi non dominata dal male né limitata dalla morte; all’aspirazione di saper amare e di essere amati con pienezza, con purezza, da Qualcuno che riempia davvero la nostra vita. E se è vero che siamo figli di Dio, se è vero che Dio ci conosce e ci vuole bene, allora queste aspirazioni non sono vuote, non sono vane, ma possono raggiungere il loro obiettivo.

Questa affermazione che troviamo nella seconda lettura è l’esplicitazione di quanto è rivelato da tutto il vangelo, anche nel brano che leggiamo quest’oggi.

Gesù parla di se stesso come dell’unico vero Pastore. Nella Chiesa sono detti pastori il Papa, i Vescovi e anche i preti, ma ogni ministero di pastore nella chiesa è autentico soltanto se rende presente Lui, Gesù.

Ebbene, proprio perché Pastore vero e buono, Gesù dice di conoscere le sue pecore una per una. Noi siamo conosciuti da Gesù; sembra una cosa da niente, e invece è importantissima. In altra occasione Gesù ha detto: “Molti mi diranno in quel giorno: Signore, Signore! … Io però dichiarerò loro: Non vi ho mai conosciuti; allontanatevi da me!” (Mt 7,22s). Ecco cosa significherebbe se Gesù ci dicesse: Non vi conosco!, sarebbe l’eterna lontananza da lui.

Ma ci conosce, così come siamo, ed offre la vita per la nostra salvezza, e solo in Lui e “in nessun altro c’è salvezza” (è detto nella prima lettura).

Siamo conosciuti dal Signore, ma noi conosciamo Lui?

Il riferimento all’unico vero Pastore è occasione anche per pregare per quanti il Signore ha chiamati o chiama a rendere presente attraverso i tempi la sua missione di salvezza; in primo luogo perché abbiano lo stesso amore e lo stesso spirito di sacrificio che fu di Gesù, e poi anche perché siano in numero sufficiente.

A proposito: avete mai pregato nominativamente per i preti di vostra conoscenza?

 

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