Ma noi sappiamo evangelizzare? Non in modo arrogante, escludente o aggressivo, ma con lo stile di Maria, con la sua tenerezza combattiva, quella che esprime nel Magnificat? E’ lei l’immagine e la madre della Chiesa evangelizzatrice. In lei vediamo che la tenerezza, l’umiltà e la misericordia non sono cose da deboli, ma da forti, quelli che non hanno bisogno di maltrattare gli altri per sentirsi importanti. Esiste nella Chiesa un “principio mariano” (H.U. Von Balthasar) che si richiama a Maria e a Giovanni, e che si aggiunge al classico “principio petrino”, che si riferisce a Pietro e al suo ministero. Pietro è la dimensione gerarchica, organizzativa, dogmatica. Maria è il principio del non potere. Il principio mariano si leva contro la globalizzazione dell’indifferenza, perché una madre non può restare indifferente alla sofferenza e all’angoscia dei figli, i suoi e quelli degli altri. Si leva contro il carrierismo e le cordate di potere. Si leva contro l’esclusione, mostrando che non la dottrina, non i presupposti etici, ma l’accoglienza è l’anima vera, il cuore ardente della Chiesa. Gesù non ha mai mandato via nessuno.
La Chiesa che si ispira al principio mariano è una Chiesa che evangelizza con l’accoglienza, che ascolta bisogni, desideri, domande. E quando la domanda dell’uomo incontra la verità del Vangelo, allora esplode la vita. Vera devozione mariana è diventare come lei: persone che sanno ascoltare il gemito dei poveri; lavoratori del Regno, inutili e mai arresi, che mostrano come si serva Dio con serietà e i fratelli con tenerezza. E’ diventare madri che si prendono cura del Dio bambino inerme tra noi, come Maria e Giuseppe nella notte della paura e della fuga; che si prendono cura di tutta la vita, rifugiati, migranti, naufraghi, come del proprio bambino. Gesù prese un bambino, lo pose in mezzo, lo abbracciò e disse: chi accoglie uno di questi bambini accoglie me (Mt 18,5). Accogliere Vangelo sotto forma di bambino, di disperato, di bastonato dalla vita, di fuggitivo, che sia questo il nome nuovo dell’evangelizzazione? Vera evangelizzazione è sussurrare il Vangelo al cuore della creatura, con il mormorio della compassione. E’ fare come il buon samaritano che non parla di Gesù all’uomo bastonato, ma gli incide con olio e vino sulle ferite l’alfabeto dell’amore.
Maria, che ha offerto a Dio la suprema accoglienza, un grembo in cui farsi carne, ora cammina con noi e combatte con noi (Eg 288) per la giustizia, per far fiorire il mondo. E’ la combattiva tenerezza di chi vede Dio rovesciare i potenti dai troni e rimandare i ricchi a mani vuote, ed è la stessa che assicura calore domestico alla nostra ricerca di giustizia (EG 288). La fede non si trasmette, alla fede si genera, come madri; non si tratta di consegnare una dottrina, ma un fuoco, un lievito caldo, un abbraccio: Dio è così. Al punto da far dire a un grande uomo spirituale: “Dio è un bacio” (Don Benedetto Calati). E a papa Francesco: “Gesù è il racconto della tenerezza di Dio”. La Madre dell’evangelizzazione è Nostra Signora della premura che si mette in viaggio in fretta, che a Cana intercede per il vino, e al tempo stesso è nostra Signora della giustizia, che si china sugli ultimi per sollevarli, prendere Maria come modello di evangelizzazione vuol dire tenere insieme giustizia e tenerezza.
Sorry, the comment form is closed at this time.