Ott 212017
 

donmarioalbertiniIl compito del cristiano nel mondo. La di- mensione cristiana della vita diventa, da una parte, forza liberante da tante schiavitù e dipendenze, mentre, dall’altra, ci sprona alla testimo- nianza di fronte al mondo con il coraggio della fede.

Commento di don Mario Albertini

La questione fiscale oggi è di grande attualità e tutti ne parlano, ma lo era anche ai tempi di Gesù, quando la gente era doppiamente malcontenta: prima perché doveva pagare le tasse, poi perché le entrate finivano a Roma, cioè agli invasori.
Forse allora avevano ragione, da quelle parti, dire: Roma ladrona! Ma quelli che pongono la domanda a Gesù (“è lecito o no pagare le tasse a Cesare?”) lo fanno con l’intenzione di tendergli un tranello: se dice di no (pensano), lo denunciamo all’autorità romana; se dice di si, lo presentiamo al popolo come un collaborazionista dei romani occupanti.

Ebbene, la risposta di Gesù “rendete a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio” non va interpretata come una scappatoia. E’ l’affermazione di un principio, sociale e morale, molto importante, che ha valore anche per noi, in questo nostro tempo,

Nel suo significato più ovvio essa significa che ci sono doveri verso la società civile e doveri verso Dio. Essere cittadini leali e collaborare alla realizzazione del bene comune per costruire insieme una società più giusta, e lo si fa anche pagando le tasse, senza evadere – ricordandoci sempre che siamo creature di Dio e che l’obbedienza all’autorità dello Stato non autorizza nessuna azione contraria alla legge di Dio. Per es. oggi nella nostra società il divorzio e l’aborto sono permessi dalla legge dello Stato, ma non lo sono dalla legge di Dio.

Ma la frase di Gesù ha anche un altro valore. Di fronte alla domanda che gli era stata posta, egli risponde: rendete a Cesare quello che porta l’immagine di Cesare. La trasposizione è logica: dobbiamo rendere, restituire a Dio quello che porta l’immagine di Dio

Ora tutto il creato, nella sua grandezza e nella sua bellezza e nella sua utilità, porta impressa l’immagine di Dio, e anche per questo lo dobbiamo rispettare, non rovinarlo. Conosciamo poi dalla Sacra Scrittura che Dio la sua immagine l’ha impressa soprattutto nella persona umana. L’intelligenza e la volontà, caratteristiche della persona umana, sono un riflesso della sapienza e onnipotenza divine. Noi siamo, anche nella nostra piccolezza e anche se peccatori, immagine di Dio.

“Rendere a Dio quello che è di Dio” significa allora restituirgli noi stessi, cioè orientare tutta la nostra vita a lui. Nessuno può dire: io sono mio. No: io sono di Dio. E siccome Lui ci vuole bene, dobbiamo ricambiare questo amore, e rispettare sempre gli altri, sapendo riconoscere in loro l’immagine divina.

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