Settembre è il mese del creato, come gennaio lo è della pace e febbraio della vita. Questo periodo di tempo, dai primi colori autunnali, ci ricorda infatti la bellezza ma anche la fragilità del creato, che a noi è stato affidato con immenso amore che ci responsabilizza e ci rende suoi custodi. E’ quest’ultimi il termine con cui da subito papa Francesco ha definito il nostro compito, partendo dalla figura di san Giuseppe, che è il custode di Gesù, e traendone tutte le meravigliose e impegnative conseguenze. Questa custodia è stata ribadita di recente, nell’enciclica Lumen fidei, in cui papa Francesco ha raccolto la sofferta eredità di papa Benedetto per l’Anno della fede.
Un’enciclica scritta a quattro mani. Due scintille, Benedetto e Francesco, per un unico fuoco di verità e amore. Così si legge al paragrafo 55: “La fede, nel rivelarci l’amore di Dio Creatore, ci fa rispettare maggiormente la natura, facendoci riconoscere in essa la grammatica da Lui scritta e una dimora a noi affidata, perché sia coltivata e custodita; ci aiuta a trovare modelli di sviluppo che non si basino solo sull’utilità e al profitto, ma che considerino il creato come dono, di cui tutti siamo debitori; ci insegna a individuare forme giuste di governo, riconoscendo che l’autorità viene da Dio, per essere al servizio del bene comune”.
Ebbene, nel mese di settembre le diocesi sostano di fronte al creato per rilanciare la propria azione con forza e speranza. Quest’anno sarà la famiglia – al centro anche della Settimana sociale di Torino – a darci lo spunto: “La famiglia educa alla custodia del creato” è infatti il titolo del messaggio proposto dalla Cei per la giornata del creato del primo settembre. I punti fondamentali di tale educazione sono tre: in famiglia si diventa custodi del creato tramite la gratuità, l’emulazione tra fratelli e la riparazione del male con il bene.
La gratuità la si impara in casa, nel lavare per primi i piatti, nella preghiera di grazie prima di mangiare, nella cura di ogni cosa, nell’uso parsimonioso dell’acqua, nella gioia dell’aggiungere un posto a tavola perchè c’è un amico in più. Ogni cosa viene vista in chiave di solidale condivisione. Per la gioia di tutti. “L’essere umano è fatto per il dono, che ne esprime ed attua la dimensione di trascendenza”, ci ammonisce papa Benedetto nella Caritas in veritate. In quella gratuità spesso non riconosciuta a causa di una visione solo produttivistica e utilitaristica dell’esistenza. La famiglia invece impara da Dio, da quel padre che fa sorgere in gratuità il sole sui buoni e sui cattivi, e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti.
L’emulazione tra fratelli, poi, è il segreto per vincere l’inevitabile demone dell’invidia e della gelosia. I fratelli sono molto diversi tra di loro, è normale. Ma bisogna imparare a gestire quel pezzetto di cuore che spinge a opporsi, che fa vedere nel fratello un concorrente o un nemico a motivo della sua bravura. La diversità si riesce a governare in famiglia, tramite parole sagge e opportune che compongono insieme le differenze, come l’arcobaleno fa con i colori. Come il cuore stesso della Trinità, che fa della famiglia la sua icona di perfezione massima. L’emulazione vince l’invidia e gestisce in positivo la differenza. Infine, è in famiglia che si riesce a riparare anche il male che possiamo aver compiuto. Non mi devo scandalizzare del peccato altrui, ma devo imparare a riconoscerlo, a scovarlo nel mio cuore, a chiederne scusa. Ogni giorno. Accanto al grazie, ecco l’altra parola magica: “Scusa”! E’ la più difficile, ma anche la più preziosa. Questi tre snodi – gratuità, emulazione tra fratelli e riparazione del male – ci aiutano a capire che il creato è un po’ la nostra casa. Anzi, la Casa. Perché è la casa di Dio, che lui ha fatto per me, per te e per ciascuno di noi.
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