Lug 222017
 

511af8b870dad79452f7c898fd3b8283Lo scandalo del male

Confrontarsi con il problema del male significa immergersi in domande, che hanno a che fare non con teorie astratte. Esse nascono infatti dalla viva carne  di ogni donna e uomo, inevitabilmente segnata dall’esperienza del negativo. Il male è là, lo troviamo attorno a noi, ma anche in noi. Viene prima delle nostre scelte personali. Infatti inizialmente ne siamo vittime; ben presto, tuttavia, ne diveniamo complici, ratificando con i nostri comportamenti le realtà negative che ci hanno contagiato. Ad esempio: nell’ambiente di lavoro c’è arrivismo e disonestà e questo mi penalizza; allora mi adeguo e divengo disonesto anch’io, per non essere tagliato fuori.

La sfida a Dio

Per chi crede, il male interroga ancor più. Come mettere insieme la creazione voluta da Lui e la presenza in essa di tanta negatività? Afferma con tragica ironia lo scrittore Stendhal: “L’unica giustificazione che ha Dio, di fronte al male del mondo, è che non esiste”.     

Ma anche un credente come Giobbe, colpito dal dolore innocente, mette Dio sul banco degli imputati e vuole che gli risponda; non si accontenta dei discorsi degli amici, avvocati difensori della giusta retribuzione, per cui ciascuno avrebbe ciò che si merita. Con le parole della canzone, potremmo in certo senso dire: “Risposta non c’è…”. Il Dio di Gesù Cristo, infatti, non risponde al problema del male; si coinvolge e lo prende su di sé. Se il male che sperimentiamo come vittime ci legittima a trasformarci in complici, la scelta consapevole e forte di Gesù è di essere solo vittima, non tuttavia in senso vittimistico. Così si spezza il circolo vizioso, che aggiunge male al male, e viene da Lui la forza di resistere, fatta propria da tutti i giusti di ogni tempo e di ogni luogo.

La sfida all’uomo

Tante parte di male, che inquina la storia, è frutto delle scelte umane; e anche di fronte al dolore innocente, non possiamo interrogare unicamente Dio. Il papa emerito Benedetto XVI, in visita ad Auschwitz, di fronte a tanto orrore  si chiese, come altri prima di lui: “Dov’era Dio?” da parte ebraica si osservò che la domanda dovrebbe piuttosto essere: “Dov’era l’uomo?”. Lo scandalo del male, in tante sue manifestazioni, mette sotto accusa noi e i nostri atteggiamenti; il male, infatti, può essere procurato, fomentato, esaltato, tollerato, ignorato. La figura del giusto, invece, è là a ricordarci che si può e si deve reagire, in nome di una responsabilità individuale e collettiva; ciò comporta, peraltro, la disponibilità ad andare controcorrente e a pagare di persona.

Una sfida pratica

Una lunga tradizione filosofica e teologica si interroga su questa realtà, ponendo la domanda radicale: “Da dove il male?”. Non è questa la prospettiva biblica, che si muove piuttosto sul piano pratico. Il male c’è, lo troviamo già all’opera quando iniziamo a compiere le nostre scelte di libertà; ci condiziona, e tanto, ma non è voluto da Dio e di fronte a esso non dobbiamo rassegnarci. Anzi, Dio stesso si impegna con noi nella lotta contro il male, trasformando la storia di peccato in storia di salvezza; ciò ha il suo culmine nella Pasqua di Cristo, primizia della vittoria del bene sul male, della vita sulla morte. La visione biblica è realistica, non nasconde che il bello e buono della creazione è fortemente inquinato, così come lo è purtroppo il nostro cuore; ma non permette che ci si rassegni, constatando che, da che mondo è mondo, è sempre stato così. “Abbiate coraggio: io ho vinto il mondo!” (Gv 16,33).

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