Mag 242017
 

rosary_2006-01-16Le origini di una devozione

E’ una preghiera semplice, che chiunque può recitare, in qualunque ora del giorno e in qualsiasi luogo. Il fatto che si tratti di una preghiera popolare, però, non deve farci pensare che il rosario sia qualcosa di staccato dalla preghiera “ufficiale” della Chiesa. Basti considerare la sua origine storica. Se sfogliamo le costituzioni antiche di molte comunità monastiche, a un certo punto vi scopriremo un’indicazione particolare, nella quale possiamo scorgere la prima genesi del rosario: chi non era capace di leggere, impossibilitato a cantare i centocinquanta salmi assieme alla comunità, poteva recitare al posto del salterio un certo numero di preghiere. Fu nell’850 che un monaco irlandese introdusse questa tradizione. Per contare le preghiere, i fedeli usavano espedienti diversi come portare con sè, nelle tasche del vestito, centocinquanta sassolini. Ben presto, tuttavia, si iniziarono a utilizzare delle cordicelle con cinquanta o centocinquanta nodi. In principio la preghiera era costituita dalla semplice ripetizione di centocinquanta Pater Noster; in seguito si introdusse  anche il saluto angelico, che costituiva allora la prima parte dell’Ave Maria.      

Nel secolo XIII, i monaci cistercensi rielaborarono questa nuova forma di preghiera che chiamarono, appunto, rosario, perché era da essi interpretata come una corona di rose mistiche offerte alla Madonna. Tale devozione fu resa popolare da san Domenico, il quale, secondo la tradizione, nel 1214 ricevette il primo rosario dalle mani stesse della Vergine, la quale invitava a diffonderlo nella cristianità per combattere le eresie.

 

Il cuore contemplativo

All’origine del rosario vi sono dunque i centocinquanta  salmi che ancora oggi rappresentano la preghiera della Chiesa. Lungi dall’essere una preghiera a-litrugica, quindi, il rosario ha invece un nesso molto profondo con la liturgia, con i misteri di Cristo e con la vita della Chiesa. Nella semplicità del rosario c’è tutta la varietà delle situazioni che l’uomo vive, così come è possibile ritrovarla nei salmi del popolo di Israele, e c’è tutta la profondità dell’esperienza di Dio che possiamo trovare nella vita di Gesù. Questa connessine tra i misteri di Cristo e i salmi ci permette di entrare nel cuore contemplativo della corona mariana. La forma litanica della ripetizione è lo spazio della contemplazione dei misteri della vita di Gesù nei quali troviamo la luce per leggere anche la nostra vita di ogni giorno. In questa contemplazione chiediamo di entrare nello sguardo di Maria, di essere da lei introdotti nel mistero che meditiamo, di essere accompagnati a scorgere il nesso tra quel mistero e ciò che noi stiamo vivendo. Il susseguirsi delle Ave Marie è come l’incedere dei passi lungo una strada: ci fa camminare insieme con Maria ed entrare sempre più nella sua stessa fede. Così, progressivamente, cresce in noi la confidenza con il modo di operare di Dio e, matura la certezza nella bontà del suo disegno che si dipana nella storia e coinvolge anche noi. Come la goccia che cadendo ripetutamente sulla pietra scava un nuovo spazio, così il susseguirsi delle Ave Maria spacca la pietra del nostro cuore aprendola al dono della fede. La Madonna ci insegna a sperare contro ogni speranza mondana, dalla sua fede sgorga per noi la certezza che la nostra vita non è una serie di circostanze casuali, non proveniamo dal nulla e non procediamo verso il nulla: la nostra esistenza è stata voluta e amata da un Padre che ha in mano le redini della storia e ci conduce verso il bene. Con Maria abbandoniamo le nostre false sicurezze, i nostri calcoli, per entrare nel punto di vista di Dio, la sofferenza certo non ci viene risparmiata, ma assieme a Maria, che ha conosciuto il dolore più grande, diventiamo capaci di attraversarla, certi che il male e la morte non sono l’ultima parola. Infine, Maria ci educa alla carità, ci insegna a chiedere che la vita di Dio inizi a germogliare dentro di noi e a trasformare i rapporti quotidiani che viviamo.   

Più forte della distrazione

Non dimentichiamo, poi, che il rosario rappresenta una delle preghiere di intercessione più potenti. Sgranando i nodi della corona, la nostra mente e il nostro cuore si popolano di volti e di immagini che portiamo, quasi senza avvedercene, ai piedi della Madonna. E’ vero: come in ogni preghiera, la distrazione ci attanaglia. A volte siamo stanchi, più o meno addormentati  a seconda delle ore del giorno in cui preghiamo, ma poi un soprassalto dello Spirito ci permette di rientrare nelle parole che stiamo dicendo o nel mistero che stiamo contemplando e di raggiungere il porto sicuro del cuore di Gesù. La Madonna conosce benissimo le nostre debolezze, le nostre stanchezze o preoccupazioni, non si scandalizza delle nostre difficoltà, ma è contenta che proprio dentro queste nostre fragilità il rosario segni un fiume luminoso di adesione e di ricerca della volontà di Dio.

Occorre però educarsi ed educare a questa “oggettività “ del rosario. Se vissuto bene, secondo questa intenzione ampia, profonda, biblica, che è la sua ispirazione vera, esso è veramente una sintesi della vita cristiana e non ha niente di pietistico. Un grande aiuto per entrare nelle profondità  della corona mariana ci viene dal magistero papale. Dal 1478 a oggi possiamo contare oltre duecento documenti pontifici sul rosario. Molti Pontefici sono stati dei veri e propri apostoli di questa preghiera, da san Pio V a Leone XIII, che dedicò ben dodici encicliche alla corona mariana, fino ai Papi del Novecento, tra i quali emerge in modo particolare la figura del beato Giovanni Paolo II, che nella sua Rosarium Virginis Mariae ha introdotto i misteri della luce, allargando lo spazio della contemplazione aperto dal salterio di Maria ai misteri della vita pubblica di Gesù e sottolineando, in tal modo, il carattere cristocentrico della preghiera mariana. Ad Jesum per Mariam, a Gesù attraverso Maria: è questo il segreto, antico e sempre nuovo, del rosario.

Dobbiamo tornare a prendere in mano la corona, soprattutto nelle famiglie. Dobbiamo imparare a ritagliare qualche minuto, alla sera, oppure nei momenti della giornata in cui la famiglia  si riunisce, per invocare la protezione di Maria. E così, con il passare del tempo, i litigi, le invidie, le parole dette di fretta, tutto ciò che anche sotterraneamente può rompere la comunione, troverà un nuovo orizzonte. Ciò che prima ci sembrava un ostacolo insormontabile ci apparirà nel suo giusto peso, illuminato dalla considerazione dell’amore di Dio che ci precede e che di continuo ci accompagna. Scopriremo la grazia del perdono reciproco, il dono della pazienza. I nostri cuori si dilateranno alle dimensioni del mondo intero, introducendoci in quella comunione dei santi che sulla terra e nel cielo pregano assieme a noi.

                                                                          di M.Camisasca, vescovo di Reggio Emilia-Guastalla

                                                (continua)

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