Feb 052017
 

donmarioalbertiniIntroduzione

Il vangelo propone due immagini cariche di significati: essere sale e brillare come la luce. Le due immagini indicano la strada al cristiano, collegate come sono alla pagina delle “beatitudini” che le precede. Le immagini sono uno stimolo forte a riflettere: i cristiani sono ancora capaci di incidere nel mondo? La comunità cristiana è ancora consapevole del suo specifico compito missionario? Nella prima lettura Isaia polemizza contro una pietà formalistica e vuota di significato, stimola ad un’adesione al Signore autentica, che si renda visibile anche negli atti di solidarietà sociale, assai più che nelle pratiche di una religiosità intimistica e lontana dalla vita reale. In modo simile Paolo, nella seconda lettura, cerca di correggere una visione deforme del Crocifisso e della “parola della croce”, perché si riscopra proprio nella croce il vero fondamento della fede e della testimonianza cristiane.

Commento di don Mario Albertini

Nella prima lettura c’è una frase molto bella e confortante. Il profeta Isaia scrive che se tu fai del tuo meglio a vantaggio di chi è nella necessità, e invochi il Signore: “il Signore ti risponderà e dirà: Eccomi!”. Dio che dice ‘eccomi’, cioè sono qui con te, abbi fiducia. E se Dio è qui con me, cosa non saprò fare di bene?

Rendiamoci convinti di questa verità, perché è proprio questa presenza, questa vicinanza di Dio che ci rende capaci di essere luce e sale, come dice Gesù nella pagina del vangelo ascoltata ora.

Però qui Gesù parla anche di un sale che non dà sapore, di una luce che non illumina. Questo è assurdo, come se dicesse che il sale non è sale e la luce non è luce. Ma così egli ci fa capire che è altrettanto assurdo essere suoi discepoli e nello stesso tempo non dare gusto e luce alla propria vita, alla propria attività, non essere testimoni della propria fede. E’ assurdo ritenersi membri della sua comunità, cioè suoi discepoli, ma esserlo solo di nome, non di fatto.

E si è sale e luce, precisa ancora il Signore, se si compiono opere buone: “vedano le vostre opere buone”.

Ma quali opere sono buone? Gesù dà un criterio particolare per valutare la bontà di un’opera, ed è questo: un’opera è buona se chi la vede è portato a rendere gloria a Dio, è aiutato a capire che Dio è veramente Padre: “rendano gloria al vostro Padre che è nei cieli”.

Si può fare un elenco? nella prima lettura il profeta anticipa quello che più tardi Gesù insegnerà dicendo ‘avevo fame e mi avete dato da mangiare’, ecc. Il profeta esorta: spezza il pane con l’affamato, sazia chi è digiuno, vesti chi è nudo, eccetera. E anche per il profeta questo comportamento è paragonabile alla luce, anzi: trasforma in luce: “la tua luce sorgerà come l’aurora, la tua luce brillerà fra le tenebre”.

Questo insegnamento Gesù lo da agli inizi della sua predicazione, e fa capire subito che cosa egli domanda ai suoi discepoli. Questi non sono soltanto degli alunni che possono imparare con l’intelligenza i suoi insegnamenti. La scuola di Gesù è scuola di vita; egli insegna, e la sua parola apre il cuore a verità sublimi e concrete nello stesso tempo. Ma egli chiede che non solo sia accolto il suo insegnamento, ma pure che si condivida la sua vita, la sua missione, la sua sorte. Non sono delle verità teoriche da imparare, ma uno stile di vita da assumere. E lo stile di vita di Gesù e quindi dei discepoli è essenzialmente la carità. La fede e la carità. Mi pare che con le due immagini di luce e di sale il Signore ci inviti proprio a illuminare la vita con la fede e a darle sapore con l’amore.

E’ certo un bell’impegno, ma alla nostra portata, perché Dio promette e afferma a ciascuno: Eccomi! sono con te. La sua presenza ci accompagna e ci sostiene.

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