A volte la vita riserva incontri inaspettati. Incontri emozionanti che possono cambiare il nostro modo di vedere le cose o, al contrario, confermare quello che già sappiamo, regalandoci una consapevolezza in più: quella di essere in tanti a lavorare per una cultura di pace. È quello che mi è successo la scorsa primavera, quando, a Feltre, alle pendici delle Dolomiti, ho avuto la fortuna di conoscere il sindaco di Betlemme Vera Baboun, in occasione del Premio dedicato ai “Dieci Giusti che non mancheranno mai nel mondo” presso la Comunità di Villa San Francesco. Una persona, Vera Baboun, che lascia il segno per la forza che trasmette con la sua personalità; ma soprattutto per le sue parole, semplici, concrete e, a loro modo, rivoluzionarie. Di quelle parole voglio ora riprendere l’eco, in questo periodo storico in cui tutti abbiamo bisogno di punti di riferimento, e farvi partecipi del discorso che il sindaco della “Casa del Pane” (questo il significato della parola Betlemme) ha pronunciato mentre, tra gli altri, mi consegnava il premio:
Grazie per avermi messo insieme a persone le cui esperienze sono così significative per rendere la vita migliore. In televisione mi hanno chiesto in passato quale fosse il mio sogno e hanno detto che il mio sogno era quello di testimoniare la pace. In questo momento non l’ho più dichiarato, non ho aggiunto un altro sogno, il che per me vuol dire che non abbiamo ancora fatto la pace e che la pace è ancora il mio sogno. Mi permetterò di dire ancora poche parole perché ciò ha a che fare con la vostra comunità. Quando papa Francesco è venuto a Betlemme, e ha celebrato la Messa nella piazza principale, ha iniziato il suo discorso con le seguenti parole, con la natività che era rappresentata davanti a lui, alla sua sinistra: “Voi avete un segno, ha detto Francesco, un bambino che viene chiuso in un abbraccio e che giace sulla mangiatoia, e quel bambino è il nostro Gesù appena nato. I bambini oggi rappresentano il segno del nostro agire, se sono rigettati, se soffrono o se sono malati è perché noi non agiamo correttamente. Quindi oggi i bambini sono per noi il segno che palesa l’agire nel bene. Quando sono arrivati qui i rifugiati giacevano sulla spiaggia e se è così, se questo è il segno che appare alla nostra vista, è perché noi abbiamo sbagliato”. Io vengo da Betlemme, Palestina. A oggi noi palestinesi siamo vicini, non stiamo perdendo il concetto di giustizia. Fino a questo momento siamo stati rigettati e rifiutati da tutti perché Betlemme rappresenta ancora per molti un muro. Nulla è cambiato, Betlemme continua a essere rifiutata, noi lo stiamo sentendo sulla nostra pelle. Betlemme rappresenta valori, Betlemme rappresenta amore, Betlemme rappresenta coraggio, ma finché Betlemme è vista e vissuta come un muro, ci nascondiamo dal coraggio, dell’amore e dalla bussola ed è per questo che oggi sono qui. Un giorno per venire e un giorno per tornare, ma la vostra missione è più grande di un giorno per venire e tornare, la vostra è una missione di accettazione e di accoglienza, per questo adesso voglio ringraziarvi, per questo oggi voglio ringraziare ognuno di voi.
Grazie a te Vera Baboun, perché ci dimostri che per costruire una cultura di pace bisogna sporcarsi le mani, perché è solo se ci sporcheremo le mani che il mondo sarà più pulito. E noi, cosa facciamo per pulire il mondo?
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