Dic 092016
 

vangelo-case-2-300x225Il vangelo di oggi è per noi illuminante: la domanda che il Battista rivolge a Gesù, se sia lui il Messia vero o se si debba attendere un altro, ci costringe a riflettere sulle nostre attese, che spesso illudono perché dirette a falsi idoli e a ingannevoli promesse. Nella sua risposta Gesù dichiara il criterio per riconoscere il vero Messia: la vicinanza ai piccoli e ai poveri della terra quale segno della vicinanza stessa di Dio. Le opere buone, che scaturiscono da una fede autentica, sono incoraggiate anche nella prima lettura per infondere fiducia in chi è sfiduciato e per incitarlo a ricuperare la speranza e la capacità di cogliere la novità di un Dio che, se accolto, può dare gioia alla vita. Stessa finalità hanno per noi le esortazioni della seconda lettura ad essere pazienti e costanti, ad aprirci alla fiducia e a rinfrancare i cuori, poiché la venuta del Signore è vicina.

“Beato colui che non trova in me motivo di scandalo”. Cosa ha voluto dire con questa frase, Gesù?

Molti suoi contemporanei si scandalizzavano perché lui si diceva l’inviato di Dio. Ebbene, dice Gesù, sì,sono l’inviato di Dio ed è beato chi lo riconosce.

Ma noi, oggi? Se siamo qui, vuol dire che crediamo in lui e accogliamo la sua parola. Eppure… eppure forse ci scandalizziamo nel senso che ci lamentiamo che Dio non intervenga nelle vicende umane e in particolare nelle nostre difficoltà come vorremmo noi. E’ motivo di scandalo dubitare del suo amore per noi, per ciascuno di noi.

Mi pare che possiamo fare nostra la domanda che a Gesù ponevano i suoi contemporanei: sei tu quello che deve venire? sei tu il salvatore, il liberatore?

Gesù ha risposto di sì – ma la domanda va capovolta: noi riconosciamo davvero che Gesù ha portato la pienezza della vita, o andiamo in cerca di qualcun altro o di qualcosa d’altro?…

Noi poniamo la nostra speranza in lui, e ci prepariamo a incontrarlo nel Natale. Il Natale è la festa di questa speranza, che non viene meno anche se le cose, nostre e del mondo, sembrano andare storte.

Una speranza fatta di pazienza, come ci raccomanda l’apostolo Giacomo nella seconda lettura: “Siate costanti fino alla venuta del Signore” (e il Natale è una rinnovata venuta del Signore), abbiate una pazienza attiva come quella del contadino che aspetta pazientemente il prezioso frutto della terra, ma intanto si dà da fare, zappa quella terra e la tiene pulita dall’erbaccia. Costanza vuol dire una pazienza e una speranza piene di coraggio. “Non temete” – dice il profeta: Coraggio, non temete, egli viene a salvarvi.

Prepariamoci ad incontrare il Signore Gesù, e impariamo qualcosa anche dalla vita austera di Giovanni, come ci è presentato nel vangelo.

La situazione economica attuale impone alcune restrizioni a tutti, ma non è di questo che si tratta: l’austerità-virtù consiste nell’essere capaci di rinunciare a cose meno importanti anche se piacciono, di vincere il desiderio di avere sempre di più e sempre di meglio, di non dare troppa importanza a quello che gli altri pensano di noi se facciamo scelte diverse da quelle di moda.

Un po’ di austerità, cioè un po’ di mortificazione, qualche rinuncia, non fare del Natale una festa consumistica – ci permetterà di capire meglio cosa Gesù ha voluto insegnarci nascendo nella povertà di Betlemme. E ci sarà di aiuto anche per accorgerci di chi soffre davvero nella miseria, e così cercare di condividere la nostra gioia natalizia con altri che soffre.

Ripetiamo in questi giorni, come preghiera insistente e piena di fede: Vieni, Signore, a salvarci, a donarci il tuo amore e la tua gioia. Donaci di essere sereni e buoni.

( Don Mario Albertini)

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